Andria - Quella di Tokyo sarà la sua seconda olimpiade da dirigente della Federazione internazionale di judo (Ijf). Lui è Antonio Ernesto, 40 anni di Andria, con una lunga carriera da atleta della nobile arte marziale, costellata da diversi titoli italiani ed internazionali e da oltre trecento convocazioni con la nazionale. Da una decina di anni ha lasciato il tatami, ma non il mondo sportivo.
Dal chimono alla cravatta, da atleta a manager, un passaggio rilevante per Ernesto, che nel 2015 è arrivato a ricoprire un ruolo di grande prestigio e per la prima volta affidato ad un italiano. Un altro pugliese, quindi, è pronto per approdare in Giappone, a capo del protocollo della Federazione internazionale di judo (Ijf), una delle più prestigiose del Cio, il Comitato internazionale olimpico. E il judo la farà da padrone nel paese del Sol Levante, dove risulta essere da sempre lo sport nazionale più praticato e seguito.
«Sono particolarmente contento della partecipazione alla manifestazione a cinque cerchi – spiega Antonio Ernesto – perché con le restrizioni anti-covid, il numero dei tesserati per ogni federazione si è fortemente ridotto. Ebbene, per il mio delicato ruolo la Ijf ha deciso di confermare la mia presenza, grazie all'esperienza accumulata alla precedente olimpiade di Rio e in altri eventi internazionali. In Giappone la Ijf ci tiene a lasciare il segno. Basta dire che il presidente onorario della Ijf è Vladimir Putin, e tra gli ambasciatori internazionali ci sono il cubano Antonio Castro (figlio di Fidel) e il nostro Al Bano. Nel ruolo di capo del protocollo mi rapporto con i media, le federazioni e i governi di tutto il mondo. Il nostro quartier generale è Losanna, ma i miei uffici sono a Budapest. Ogni anno, mi ritrovo a lavorare in almeno 30 nazioni diverse con continui spostamenti in giro per il pianeta, ma appena posso, torno nella mia amata Andria. Sarò a Tokyo il 20 luglio, mentre le gare cominceranno il 23 luglio».
Negli oltre 25 anni di attività agonistica, il suo nome balzò agli onori della cronaca anche perché fu uno dei pochi italiani a superare un giapponese, in una finale internazionale. «Il tatami mi manca - aggiunge Ernesto - ma continuo ad allenarmi dopo una vita dedicata al judo, e quindici anni con indosso la divisa del centro sportivo dei Carabinieri. Adesso, però, sono concentrato su questo nuovo lavoro che mi sta già regalando soddisfazioni».















