Il primo passo per l’ambiente è compiuto. La proposta di modifica dell’articolo 9 della Costituzione supera il primo esame al Senato con 224 sì e appena 23 astenuti, riconducibili sostanzialmente al blocco di Fratelli d’Italia.
Il nuovo comma, illustrato nel disegno di legge, che andrà ad integrare l’articolo esistente è il seguente: «La Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali». Le due novità sostanziali sono riconducibili alle generazioni future e alla tutela degli animali per i quali si registra un vero e proprio «esordio» sulla Carta fondamentale. L’ambiente in sé, richiamato oltretutto esplicitamente dalla riforma del Titolo V del 2021, era già indirettamente presente proprio nell’articolo 9, celato dal termine «paesaggio», dagli anni ‘70 in poi interpretato in una chiave più vicina alle nuove sensibilità ecologiste (da cui, poi, tutta la legislazione prodotta in armonia con il principio inteso in senso «contemporaneo»).
Da qui il dibattito tra i costituzionalisti, divisi sostanzialmente tra accusatori di una tautologia, inutile e «leggera», e i soddisfatti da un richiamo aderente allo spirito e alle necessità dei tempi. La politica, invece, ha sottolineato alcuni passaggi più strettamente materiali: da un lato l’assenza di un esplicito riferimento allo «sviluppo sostenibile», matrice del capitalismo moderno, e dall’altro la vaghezza di una norma che potrebbe prestarsi ad interpretazioni fra le più varie. Alcune, magari, anche a danno dei produttori del comparto agricolo (ed è questa l’obiezione di Fratelli d’Italia che motiva l’astensione). Di certo l’intera iniziativa si muove in armonia con le disposizioni delle strutture sovranazionali, dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite al Next Generation dell’Unione europea. Non c’è dubbio, anche in virtù della nascita di un ministero della Transizione Ecologica, che tutto questo sia perfettamente in linea con lo spirito dei tempi. Lo chiarisce anche il deputato dem Ubaldo Pagano spiegando le ragioni della modifica: «La tutela dell’ambiente, nel contesto storico in cui venne scritta la Carta, non poteva avere la stessa pregnanza che assume oggi. Non si era verificata ancora la rapida antropizzazione del territorio, né la industrializzazione diffusa del Paese. Oggi - conclude - la tutela dell’ambiente in costituzione è una necessità». Esultano, tra gli altri, anche Enpa e Wwf.
Il voto, oltretutto, arriva nel giorno dell’allarme sulle emissioni di CO2 lanciato dall’agenzia Usa per il clima, Noaa. A maggio del 2021 si è raggiunto il massimo livello di anidrite carbonica in atmosfera da quando si fanno rilevazioni scientifiche (1958): 419 parti per milione (ppm) è stato il valore medio del mese. In Italia il ministero della Trasizione ecologica ha reso noto un incremento delle emissioni di gas serra dello 0,3% rispetto al 2020.
AINIS: «NON È UNA NOVITA' ASSOLUTA, MA L'INIZIATIVA È POSITIVA» - Professor Michele Ainis, costituzionalista e scrittore, l’ambiente entra in Costituzione. Come giudica l’iniziativa?
«Potremmo dire che si tratta di una bella novità, ma non di una novità assoluta perché la Costituzione già la contempla e proprio all’articolo 9. Con un’altra parola, però, cioè “paesaggio”».
Ambiente e paesaggio come sinonimi?
«Quando cinquant’anni fa il tema ecologico iniziò a prendere forma nella coscienza collettiva il costituzionalista Alberto Predieri diede al paesaggio la definizione di “forma del Paese”. Una novità perché i padri costituenti, in riferimento a quella parola, avevano in mente due leggi del 1939: quella sulla bellezza e quella sulle cose d’arte. Sostanzialmente si rifletteva una visione estetizzante secondo la quale, per capirci, andava difeso lo scorcio delle Dolomiti in virtù della sua bellezza».
Il cambio di significato si deve alla pressione dei movimenti ecologisti?
«Le parole si muovono, naturalmente, e si adattano alle stagioni della storia. Negli anni ‘70 nasce una sensibilità verde e, come abbiamo visto, nell’interpretazione il paesaggio diventa ambiente. Non a caso, molte sentenze della Corte costituzionale affermano il valore dell’ambiente radicandolo proprio sull’articolo 9».
In anni più recenti, invece, cosa è accaduto?
«L’ambiente entra in Costituzione ancora una volta e, in questo caso, in modo più esplicito. La riforma del Titolo V del 2001 individua la tutela dell’ambiente quale competenza esclusiva dello Stato. Mentre, per quanto riguarda i “beni ambientali”, c’è un regime concorrente con le Regioni. In ogni caso, si tratta di un altro ingresso nella Carta».
Proprio alla luce di tutto questo ha davvero senso un ulteriore intervento?
«Possiamo dire così: si tratta di un repetita iuvant che male non fa. Di fatto, questa riforma ha una funzione segnaletica, cioè individua un allarme, quello per l’ambiente, che è al centro del dibattito globale. Anche la formazione, in questa fase, di un ministero per la Transizione Ecologica non è casuale».
Accanto al merito c’è anche il metodo. La modifica in sé la convince?
«Rilevo un uso eccessivo di parole e questo mi convince poco. Non è bene sovraccaricare di termini la Costituzione anche perché non sempre specificando si ottiene il risultato auspicato. Vent’anni fa fu introdotto il principio del giusto processo ma la durata dello stesso, anziché diminuire, è aumentata. Sarebbe sempre preferibile una certa sobrietà di linguaggio».
Ma novità vere ce ne sono?
«Direi un paio. La prima è il riferimento alle generazioni future che, certo, è presente pressoché in ogni ambito, ma sempre in modo implicito. Qui, invece, è nero su bianco. In una fase in cui accumuliamo debito sottraendo risorse a chi verrà dopo mi sembra un segnale importante».
E la seconda?
«Il riconoscimento della tutela degli animali. È il vero punto di novità in un Paese a prevalente cultura cattolica in cui gli animali non possiedono un’anima. Altrove, come in India, la prospettiva è molto diversa».
Infine, professore, lei aveva proposto la creazione di un organismo indipendente proprio per vigilare sulla tutela dell’ambiente.
Rimane della stessa idea anche dopo l’avvio di questo iter di modifica costituzionale?
«Sì perché i principi e i valori sono importanti ma poi dobbiamo renderli operativi. Il modello di riferimento potrebbe essere quello dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, concepito per individuare le storture della spesa pubblica. Ma potrebbe anche essere, nel nostro caso, un organismo non parlamentare».
LOIODICE: «LA CARTA SI MODIFICA A FREDDO, NON ASSECONDANDO LE MODE» - Professor Aldo Loiodice, costituzionalista e avvocato, cosa pensa del richiamo all’ambiente in Costituzione?
«Non era assolutamente necessario. In Costituzione è già richiamata la tutela del paesaggio, da decenni interpretato come difesa dell’ambiente. Le sentenza della Corte Costituzionale e l’operato della giustizia amministrativa sono lì a dimostrarlo».
Sarebbe stato meglio evitare questo passaggio?
«Non c’è dubbio anche perché si innesca un effetto boomerang da non sottovalutare. Inserire la tutela dell’ambiente in Costituzione, come se non fosse mai esistita, significa, teoricamente, legittimare coloro che l’ambiente, in tutti questi anni, lo hanno deturpato. È un paradosso, ma è così».
Ma allora come si spiega questa iniziativa?
«In due maniere. La prima attiene alla dimensione della distrazione. Si sposta l’attenzione del cittadino da problemi seri, serissimi, per i quali magari non si riesce ad individuare la soluzione, a questioni assurde e pretestuose»
E la seconda?
«Purtroppo in Italia si mette mano alla Costituzione ogni volta che si desidera contrastare o incoraggiare una tendenza storica del momento. Sfortunatamente questo è il modo peggiore di modificare la Carta».
Perché il peggiore?
«Perché è frutto di un’onda emotiva che resta tale anche se legittima e sentita. La Costituzione si modifica a freddo, non a caldo. E, si badi, quella freddezza ha dentro di sé un sentimento profondo di amore e rispetto per il Paese. Altrimenti l’unico amore che si ha è quello per la moda del momento. Oggi è l’ambiente, domani il gender, dopodomani chissà e così ci condanniamo a far ballare la Carta da una tendenza all’altra senza costrutto e perdendo completamente il senso dei principi inviolabili».
La prima parte non si tocca quindi?
«I principi costituzionali sono il frutto di un profondo lavoro di mediazione tra anime diverse. Lì c’è tutto quello che serve a tutelare il cittadino e quanto lo circonda. Moda e gusti transeunti non possono modificare ciò che attiene alla vita sociale e alla natura umana».
In generale, professore, esiste una certa disinvoltura nell’approccio alla legislazione fondamentale e non?
«Direi proprio di sì. Mi preoccupano molto, ad esempio, i percorsi legati alla democrazia elettronica così come introdotta in Italia da Casaleggio. Si tratta di un voto molto “leggero” che rischia di sposarsi con forme emozionali molto pronunciate. Si può perfino votare sull’onda di un film. Ma nessuna decisione di rilievo può essere presa in questo modo».