BARI - Un infanzia trascorsa nel capoluogo pugliese, al seguito del papà docente di Fisica all’Università; scuola medie alla «Verga» e liceo scientifico la Fermi; laurrea in Fisica nel 1985 alla stessa Università.
Roberto Cingolani, neo ministro al super dicastero per la Tranzione ecologica, pur essendo nato a Milano e ora genovese di adozione, ha la Puglia nel suo dna.
Studi di perfezionamento alla Normale di Pisa ed esperienze in Germania al Max Planck Institut, in Giappone e negli Usa oltre che alla guida dell’Istituto Italiano di Tecnologia: 59 anni, è un vero e proprio scienziato - esperto di robot e nanotecnologie - nella squadra del governo giudato da Mario Draghi. Avrà anche il compito di presiedere il comitato interministeriale per il coordinamento della transizione ecologica. Sarà in pratica l’uomo decisivo per l’utilizzo delle risorse «green» previste dal Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, il cosiddetto Recovery Fund.
Cingolani sale alla ribalta nazionale proprio quando nel 2005 diventa il primo direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, il centro di ricerca sulle alture di Genova fortemente voluto dall’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti e dal direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, che ne è presidente.
Cingolani lo plasma come una sorta di amministratore delegato, ne è anzi l’anima: quando lo lascia nel 2019 l’istituto ha 11 centri di ricerca e oltre 1.700 scienziati provenienti da 60 paesi, un migliaio di brevetti, 24 startup già create e altre decine in cantiere. Giovane, visionario, Cingolani risponde alle polemiche con un entusiasmo vulcanico per la tecnologia, e un vero e proprio talento da divulgatore. Una star mondiale nelle scienze dei materiali, è nanotecnologo - non poche le iniziative a Genova sul grafene - dà impulso al progetto per l’umanoide iCub, il robot simbolo dell’Iit.
Mostra doti manageriali anche quando lascia il segno nel progetto per una cittadella di Scienze della vita di Milano, lo Human Technopol. Nel 2019 diventa il capo dell’Innovazione in Leonardo (chief Technology and Innovation Officer), il gruppo aerospaziale a controllo pubblico.
La scienza è un marchio di casa. Fisico era il padre Aldo, morto 50enne. La sorella Silvia è ordinaria di Matematica all’Università di Bari. Il fratello Gino ha la cattedra di Biologia alla Jefferson University di Philadelphia. La moglie Nassia, greca, è una fisica esperta in Scienza dei materiali. Il primo figlio, Aldo, è un ingegnere chimico. Il secondo, Alex, dovrebbe laurearsi quest’anno in Chimica, mentre il terzo ha solo 11 anni, ma pare che a sua volta non si sottragga dalla passione per la scienza che si respira in casa.
Come la Puglia. A parte il legame con Bari, a Lecce è stato professore univesitario e nel 2001 ha fondato e diretto il National Nanotchnology Laboratory.
Giuseppe Gigli, direttore del Cnr Nanotec di Lecce, e già stretto collaboratore di Cingolani dice di lui: «Può fare la differenza, la marcia in più per trainare l’Italia verso una transizione ecologica indispensabile per il paese, doverosa nei confronti dei nostri figli».
Quel filo che lega il magistrato Garofoli ai vicoli di Molfetta
Nonostante gli impegni «romani», Roberto Garofoli rimane legatissimo alla sua città, Molfetta, dove durante i fine settimana non è difficile incontrarlo. Il nuovo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in realtà è nato a Taranto nel 1966, ma ha sempre vissuto qui.
Sposato, due figli, Garofoli è stato magistrato ordinario fino al 1999 e giudice amministrativo dal 2000. È stato capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia con Pier Carlo Padoan ministro, nei Governi Renzi e Gentiloni, e poi con Giovanni Tria nel Governo Conte I. La sua è una lunga esperienza al servizio dello Stato: da fine 2011 con l’Esecutivo Monti, poi segretario Generale della Presidenza del Consiglio con Enrico Letta e prima ancora capo ufficio Legislativo del ministero degli esteri con Massimo D’Alema nel governo Prodi II. Come capo di gabinetto del ministro Tria, Garofoli è stato tra gli alti funzionari al centro delle polemiche contro i «burocrati» accusati dal Movimento 5 Stelle di essere «servitori dei partiti e non dello Stato» (fecero rumore, tra l’altro, le critiche ai tecnici del Tesoro in un audio del portavoce della Presidenza del Consiglio, Rocco Casalino).
Contro di lui c'era stato anche un attacco diretto: sua «la manina» - era la tesi dei 5 Stelle - giudicata «colpevole» di aver inserito nel Dl Fiscale due commi per destinare 84 milioni in tre anni alla «gestione liquidatoria dell’ente strumentale alla Croce Rossa Italiana». Fermissima fu la difesa di Giovanni Tria: nessuna manina, solo «una soluzione tecnica» a tutela dei lavoratori, per pagare il Tfr, aveva detto il ministro liquidando l’attacco come «privo di fondamento e irrazionale». Ma il clima era tale che Garofoli decise di dare le dimissioni, dopo essersi consultato con il Quirinale che gli era sempre stato vicino: «È un prezzo che dobbiamo pagare. Siamo professionisti al servizio del Paese, come avviene in tutte le grandi democrazie occidentali» disse ai suoi collaboratori lasciando l’incarico per tornare al Consiglio di Stato.
Autore di numerose opere e collane su temi giuridici ed economici, condirettore della Treccani Giuridica, è stato nominato dall’allora presidente Giorgio Napolitano Grande Ufficiale della Repubblica.
E Molfetta ora si prepara ad accogliere l’illustre concittadino. In città vivono la sua famiglia e la mamma, la professoressa Maria De Palma, a lungo preside del liceo classico «Leonardo Da Vinci», in cui da ragazzo ha studiato lo stesso neo sottosegretario. Ieri docenti e studenti del liceo, con un post si Facebook hanno voluto augurargli buon lavoro, ricordandolo come «ex alunno, figlio di una storica preside, sempre vicino al liceo, presente alle sue iniziative ed ospite di incontri formativi in cui ha portato agli studenti la sua esperienza di uomo dello Stato. Un punto di riferimento che rassicura in questo momento difficile».
Congratulazioni e orgoglio che si aggiungono a quelle del sindaco Tommaso Minervini: «Sono certo, in considerazione delle sua qualità ed esperienze, che Roberto Garofoli accanto al presidente Draghi saprà contribuire a far recuperare, nel Governo, quella visione di sviluppo concreto e armonioso. Abbiamo tutti bisogno di soluzioni urgenti per la difficile realtà economica e sociale. Nel Paese, nelle città, nel Sud soprattutto. Molfetta ha ora un motivo di orgoglio in più». (Con la collaborazione di Matteo Diamante)
«Roberto Cingolani, genio normale», il ricordo di un compagno di classe alla media «Verga» di Bari
«Bravissimo, esuberante, dinamico, disponibile, sportivo, direi geniale. Ma non secchione». È il ritratto di un giovanissimo Roberto Cingolani, ora fresco ministro per la transizione ecologica, fatto da uno dei suoi compagni di scuola media, la «Verga» di Bari, a cavallo tra i quartieri Madonnella e Japigia.
Così ricorda quel ragazzo con «una marcia in più», Stefano D’Attoma, vicepresidente del Piccolo Teatro di Bari. «Non faceva copiare, ma se chiedevi qualcosa te la spiegava, te la faceva capire». Poi lo sport, quasi mitiche «le corse in bici di Roberto. Bravo anche in palestra durante le lezioni di educazione fisica con il professor Amati». Il difetto? Il calcio. «Veniva e partecipava alle partite tra compagni nel cortile della scuola, ma senza offesa, no, non era proprio tagliato».
Un classe tranquilla quella che agli inizi degli anni ‘70 - è passato molto tempo, forse era il 1972, o il 1973) - frequentava la sezione D.
D’Attoma ricorda con piacere come Roberto aiutasse un compagno di banco «con alcuni problemi». Non a caso poco dopo ricevette un premio per la bontà mostrata. «Considerando l’età forse era più maturo di tutti noi, un genio con un bel cuore. Non era un santo, ma un normalissimio adolescente, sebbene con una marcia in più».
Alle superiori le strade dei due amici si dividono. «Abitava con la famiglia in via Mameli, frequentavo spesso quella casa. Poi dopo gli esami di terza media, Roberto si iscrisse al liceo scientifico Fermi. Ci siamo rivisti poche volte», racconta Stefano. Da ministro farà bene? «Se la politica non gli sarà d’intralcio, sono sicuro di sì».

Made in Bari: che fisici
i ragazzi di via Amendola
BARI - Non esiste una realtà più romantica della scienza. Nessun altro luogo sprigiona la magia, il mistero di un laboratorio, dal quale oggi nascono il pensiero nuovo, l’etica e la nostra coscienza nell’impatto sociale della tecnologia. E le aule universitarie di Fisica frequentavano i nostrani «ragazzi di via Panisperna». Che non scoprirono le proprietà dei neutroni lenti come a Roma nel ‘34 gli omologhi del Regio istituto al fianco di Enrico Fermi. Ma...