«La violenza si scatena la sera quando mio marito rientra dopo una giornata in giro. Se ha trovato qualche lavoretto è stanco e se la prende con me, se non ha trovato nulla da fare se la prende sempre con me ed ogni scusa è buona: se la cena non è di suo gradimento o se il cane abbaia troppo forte. In ogni caso a farne le spese sono io. Questo è quanto accade in genere in una “normale” giornata prima del coronavirus, il problema è che oggi con l'epidemia le cose si sono aggravate. Lavoro non si trova, mio marito è sempre in casa a guardare la televisione, la nostra casa è praticamente una stanza e io non posso neanche parlare al telefono che mi accusa di dargli fastidio...».
Il racconto di Claudia è simile a tante altre storie di violenza, quasi banale, mentre Claudia parla la si passa la mano tra i capelli e sotto la frangetta fanno capolino segni inequivocabili di lividi. Simboli di un rapporto finito ancora prima di cominciare, tra due persone che speravano unendosi di sfuggire da famiglie disagiate e che insieme hanno aggravato ancora di più la loro situazione.
Ma che non si creda che la violenza sulle donne è una realtà solo all'interno di sistemi economici disagiati, la violenza esplode ovunque spesso esacerbata dal dover vivere per forza in casa.
«Tra smart working e didattica a distanza in pratica viviamo in casa tutta le giornata – racconta Eleonora -, mio marito in una stanza, io con la bambina in un'altra. Poi c'è il piccolo con le sue esigenze di neonato. Mio marito dice che non riesce a concentrarsi, che facciamo rumore, che i bambini lo disturbano. Sì, capita sempre più spesso che alzi la voce, qualche volta mi ha presa e sbattuta contro l'armadio, ma non è cattivo. Siamo solo tutti sotto pressione».
Claudia ed Eleonora sono solo due storie tra tante, due dolori, donne che nell'emergenza Covid si sono trovate con le spalle al muro con la convivenza forzata che aggrava situazioni di estrema fragilità.
In questi mesi sono state tante le telefonate arrivate ai centri antiviolenza, donne disperate, spesso con i loro bambini in balia di mariti che niente altro sanno fare che usare la violenza per sfogare la loro rabbia.
«Anche per dare risposte a tutte queste fragilità abbiamo organizzato dei percorsi formativi per operatori che, impegnati rispettivamente nei presidi territoriali e nelle loro stesse associazioni, possano riconoscere e segnalare in maniera tempestiva eventuali situazioni a rischio – spiega l'assessore al Welfare Francesca Bottalico -. Allo stesso tempo consentirà a tanti professionisti in contatto, per motivi diversi, con potenziali vittime di violenza, di approfondire approcci e metodi di accompagnamento delle donne, soprattutto in questo periodo molto complicato dal punto di vista sanitario, dove non è semplice destreggiarsi nelle strutture ospedaliere»
«Generare Culture Nonviolente» è un progetto che partirà il 17 novembre per sensibilizzare la cittadinanza sul tema della violenza di genere.
Perché la verità è che c'è ancora tanta omertà attorno alle violenze che si consumano tra le mura domestiche. Il concetto de «i panni sporchi si lavano in famiglia» ha radici culturali forti che solo da poco si è cominciato a scardinare. E a volte i primi a testimoniare quello che accade sono i bambini, vittime e spettatori di una cultura della sopraffazione e che spesso si ribellano. A scuola raccontano quello che accade e chiedono aiuto. «Ecco perché a breve questo percorso formativo interesserà anche insegnanti e dirigenti scolastici – sottolinea l'assessore -, per offrir loro strumenti adeguati ed efficaci per la segnalazione di minori vittime di atti di bullismo o a rischio maltrattamento in famiglia».