Le pubbliche amministrazioni non possono attribuire incarichi di alcun tipo ai pensionati, nemmeno se particolarmente qualificati, e neppure nelle società partecipate. Un parere della Sezione di controllo della Corte dei conti della Sardegna rischia di creare un problema in riva all’Adriatico: nelle stesse condizioni che secondo i giudici contabili di Cagliari impediscono la nomina si trova infatti il 74enne presidente di Acquedotto Pugliese, Simeone di Cagno Abbrescia.
L’ex parlamentare del centrodestra ed ex sindaco di Bari (lo conferma la sua ultima dichiarazione dei redditi, che è pubblica per le disposizioni sulla trasparenza) è infatti già da tempo collocato in pensione. E la norma di legge, introdotta con il Dl 95 che nel 2012 riguardava soltanto gli ex dipendenti pubblici, nel 2014 è stata estesa a «soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza» e agli incarichi «in enti e società» controllate dal pubblico.
Il parere espresso dalla Corte dei conti (90/2020) è relativo proprio alla possibilità o meno di nominare un professionista pensionato a presidente o componente del cda di una partecipata. Il responso è negativo: la legge - è scritto nel parere, «nella vigente formulazione, non lascia spazi per soluzioni ermeneutiche divergenti dal chiaro disposto normativo che, espressamente, stabilisce il divieto di conferire cariche in organi di governo non solo nelle amministrazioni pubbliche ivi specificate ma anche nelle società (e negli enti) da esse controllate».
Un divieto tassativo che, come già evidenziato in alcune circolari della Funzione pubblica, riguarda «non solo i dipendenti pubblici in quiescenza ma anche i lavoratori privati in quiescenza, siano quest’ultimi dipendenti o autonomi». L’unica possibilità alternativa è quella introdotta con la legge 124 del 2015: l’incarico ai pensionati deve essere gratuito, e non deve durare più di un anno. La ratio della norma, spiegano infatti i giudici contabili, è abbastanza chiara: anche a prescindere dall’esperienza, le pubbliche amministrazioni devono favorire il ricambio generazionale e dunque devono preferire i lavoratori attivi a quelli in quiescenza.
Di Cagno Abbrescia è stato nominato presidente da Michele Emiliano nel 2018 con uno stipendio di 60mila euro l’anno: dopo l’uscita dell’ad Nicola De Sanctis (che è stato licenziato il 29 febbraio scorso, salvo poi dimettersi dalla carica di vicepresidente), ha preso nei fatti le redini dell’Acquedotto dove ha svolto un lavoro di ricucitura che ha riportato sotto controllo anche i rapporti con i sindacati. Oggi il cda dell’Acquedotto è in regime di prorogatio, perché la Regione - la scadenza del mandato era alla vigilia delle elezioni - non ha provveduto al rinnovo né ha ancora provveduto a convocare l’assemblea dei soci.
Il problema è dunque della Regione, perché la norma (e la sua interpretazione) sono molto chiare e non sembrano lasciare spazio a dubbi. Di Cagno Abbrescia potrebbe forse avere un incarico gratuito per un altro anno, ma è un aspetto che andrà approfondito in sede legale: se il presidente uscente era infatti in pensione già al momento della nomina, il divieto è già stato violato. E anche questa sarà materia da Corte dei conti, ma in sede risarcitoria: nel 2017 il presidente della Provincia di Foggia insieme con tutta la giunta sono stati condannati per aver nominato direttore generale un pensionato.