BARI - La Protezione civile nazionale dovrebbe consegnare domani alla Puglia un secondo carico di circa 300mila mascherine, che andranno ad aggiungersi alle circa 20mila già fornite la scorsa settimana. Un aiuto, certo, per tamponare le esigenze del sistema sanitario regionale che - ormai - ha i depositi quasi vuoti: meno di 100mila pezzi, con cui deve far fronte alle richieste degli ospedali (anche di quelli ecclesiastici) e spesso pure del 118.
Con la fornitura in arrivo domani si dovrebbe riuscire ad arrivare a fine mese. Ma l’emergenza è tutt’altro che superata, perché i 5 milioni di mascherine che la Regione ha ordinato di acquistare in realtà non si trovano. Molte Asl stanno effettuando in questi giorni ricerche di mercato che non portano risultati. E quella di Bari, che per coincidenza si era mossa in tempo (parliamo di aprile 2019) con un appalto per i dispositivi di protezione individuale, si ritrova oggi nella morsa di uno strano gioco al rialzo.
Nello scorso ottobre la Asl ha aggiudicato alla 3M Italia, braccio nazionale dell’azienda americana leader del mercato, la fornitura di 27.000 mascherine a circa 30mila euro, dunque a poco più di un euro l’una. A gennaio ne sono state consegnate solo 5mila e, nonostante vari solleciti, non ne è arrivata più nemmeno una. Quando è cominciata l’emergenza e il direttore amministrativo Gianluca Capochiani si è attivato per reperire altri dispositivi, sono arrivate offerte da altre ditte europee per la fornitura delle stesse mascherine 3M ma a un prezzo maggiore pari a circa 6 euro. La Asl ha chiesto di acquistarle ma al momento di concludere , l’intermediario (che fa capo a una ditta spagnola) si è tirato indietro. E così fino ad ora è stato possibile acquistare sul mercato solo piccoli quantitativi (poche migliaia) di mascherine a prezzi ancora più alti.
La «Gazzetta» ha provato invano a interpellare 3M per capire i meccanismi di mercato. Ciò che è accaduto - come spiega un operatore che non vuole essere citato perché non autorizzato a parlare - è che alla Asl di Bari siano state offerte mascherine acquistate in precedenza, nell’ambito di grandi ordini fatti in altre parti d’Europa, con una dinamica dei prezzi che sfugge al fabbricante. Si tratta peraltro degli stessi dispositivi che nei negozi al dettaglio finiscono per costare anche 20-30 euro al pezzo.
Nei giorni scorsi il Policlinico di Bari ha lanciato una procedura telematica da 200mila euro per l’acquisto di mascherine Ffp3, dopo che a fine febbraio aveva effettuato una ricerca analoga a inviti per altri dispositivi di protezione individuale. Nel frattempo un minimo aiuto arriva da una circolare ministeriale, che proprio per tenere conto dell’emergenza ha «concesso» la possibilità di riutilizzare le mascherine dopo un lavaggio disinfettante. Allo stesso tempo, il decreto Cura Italia ha incluso anche le mascherine chirurgiche (quelle in tessuto-non tessuto) tra i dispositivi di protezione individuale, ha previsto la possibilità di utilizzare anche dispositivi senza marchio «Ce» e ha introdotto un meccanismo semplificato per autorizzare i fabbricanti alla messa in commercio: basterà inviare i campioni all’Istituto superiore di sanità, che dovrà certificarli entro tre giorni. Un metodo per agevolare il compito di chi vorrà lanciarsi in questo nuovo mercato.