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Taranto, ex Ilva prepara battaglia giudiziaria sui posti di lavoro. Mittal chiede proroga Cig

 
Redazione online

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Conte: «Mittal chiede 5000 esuberi, inaccettabile». Governo disponibile a discutere immunità

Ribadita dai commissari la posizione di rispetto dei livelli occupazionali in vista dell'udienza del 20

Giovedì 05 Dicembre 2019, 11:55

19:42

TARANTO - ArcelorMittal Italia, con un documento consegnato oggi ai sindacati, ha comunicato la decisione di chiedere per la terza volta la «proroga per 13 settimane dell’intervento di Cassa integrazione ordinaria (Cigo) relativo allo stabilimento siderurgico di Taranto» per un numero massimo di 1.273 dipendenti (900 operai, 104 intermedi e 269 impiegati e quadri) a partire dal 30 dicembre prossimo. "Tale decisione - precisa l’azienda - è scaturita dal permanere delle criticità di mercato e dall’insufficienza della domanda di acciaio a livello europeo e globale che hanno condotto alla richiesta di intervento dell’ammortizzatore sociale».

La procedura era stata già avviata «a far data dal 2 luglio 2019 (pur in assenza di accordo sindacale, per un numero massimo di 1.395 dipendenti, ndr) con scadenza iniziale fissata al 28 settembre 2019, e successivamente prorogata il 30 settembre con scadenza fissata al 28 dicembre (per 1.273 lavoratori, ndr)».
L’azienda aggiunge che «il numero medio di sospensioni in Cigo effettivamente poste in essere nel periodo intercorrente tra l’inizio del periodo di sospensione e il 30 novembre è stato di 560 unità, con punta massima di 963».

Una trattativa sulle basi presentate ieri nel piano di ArcelorMittal, che prevede 4700 esuberi, non può nemmeno iniziare, perché il caposaldo del contratto è l’aspetto occupazionale e il gruppo un anno fa si è impegnato a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10mila posti di lavoro fino al 2023 con una penale prevista di 150mila euro su ogni lavoratore messo alla porta sotto quella cifra. Sarebbe questa la posizione dell’ex Ilva nella causa in corso a Milano.

Nell’udienza del 27 novembre era stato messo un punto fermo, davanti al giudice Claudio Marangoni, nella causa civile tra ArcelorMittal e l’ex Ilva. Il gruppo franco indiano, tramite il suo ad Lucia Morselli, aveva garantito «il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva», impegno fondamentale per raggiungere un accordo sul contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti che la multinazionale aveva chiesto di sciogliere con un atto che, invece, i commissari dell’ex Ilva ritengono «illegittimo». E per questo hanno depositato un ricorso cautelare d’urgenza.

Il giudice ha rinviato il procedimento al prossimo 20 dicembre per consentire, appunto, alla «trattativa» di "svolgersi sulla base delle intese e degli impegni assunti». Con la presentazione di ieri del nuovo piano di Mittal, però, il quadro è cambiato, perché per i commissari dell’ex Ilva le affermazioni del gruppo sugli esuberi sono ritenute assolutamente inaccettabili, senza giustificazioni e improponibili.

Un anno fa circa, infatti, ArcelorMittal, vincendo la gara e firmando il contratto, si impegnò a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10mila posti di lavoro e a pagare, in caso contrario, una penale di 150mila euro per ogni lavoratore lasciato a casa. In sostanza, per l’ex Ilva in amministrazione straordinaria si può sì trattare sulla revisione degli accordi presi, ma non certo sul caposaldo del contratto che è l’aspetto occupazionale.

A questo punto, anche sul fronte della causa si aspettano le decisioni che prenderà il Governo rispetto al nuovo piano del gruppo. Mittal, rappresentata, tra gli altri, dai legali Romano Vaccarella e Ferdinando Emanuele, avrà tempo fino al 16 dicembre per depositare, nell’eventualità di un naufragio delle intese, una propria memoria nel procedimento sul ricorso cautelare dei commissari, assistiti tra gli altri dagli avvocati Giorgio De Nova ed Enrico Castellani. Se si andasse avanti nel negoziato, invece, le parti di comune accordo potrebbero anche chiedere al giudice un rinvio dell’udienza almeno fino a gennaio.

VOLANTINO OPERAI: CI PAGHINO SENZA LAVORARE -

«Se non serviamo più a produrre acciaio, ci devono mantenere, con un salario pieno, al cento per cento, a non fare niente». E’ quanto riporta un volantino che sta circolando sulle chat di whatsapp degli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto e che viene condiviso anche sui social network. Non è chiaro chi lo abbia scritto, anche se in molti lo attribuiscono a lavoratori dell’acciaieria tarantina, ma in ogni caso sta alimentando il dibattito dopo l'annuncio del nuovo piano industriale della multinazionale che prevede altri 4.700 esuberi al 2023.

«Decidano loro, ArcelorMittal e il governo - prosegue il volantino -: o tutti al lavoro o tutti a casa a stipendio pieno, non ci faremo ancora dividere fra chi va in cassa integrazione a 900 euro al mese e chi deve proseguire a lavorare in una fabbrica avvelenata. Non ci vergogneremo a stare a casa pagati, abbiamo già dato in fatica e salute sull'altoforno e in acciaieria, ora è tempo di curarci, respirare aria buona, studiare per istruirci, scrivere poesie».
Chi si «scandalizza per questa nostra soluzione - è il messaggio conclusivo - vada lui a guadagnarsi il pane nel caldo e nel fumo di una fabbrica siderurgica, e provi l’ebbrezza di diventare inservibile».

SCIOPERO DAL 9 DICEMBRE E MANIFESTAZIONE A ROMA 

Inizierà alle ore 23 del 9 dicembre, e si concluderà alle ore 7 dell’11 dicembre, lo sciopero indetto da Fim, Fiom e Uilm nello stabilimento siderurgico di Taranto e negli altri siti del gruppo, con manifestazione nazionale il 10 dicembre a Roma. Lo spiegano i sindacati metalmeccanici, rimandando a un secondo momento altri dettagli sull'organizzazione dell’iniziativa di mobilitazione. Fim, Fiom e Uilm fanno presente di aver respinto il nuovo piano industriale che considerano un «ulteriore ricatto» e che "prevede un ridimensionamento non solo sull'area a caldo ma anche su buona parte dell’area laminazione e tubifici, determinando di fatto oltre 6.000 esuberi ai quali si aggiungerebbero i lavoratori dell’appalto che continuano a vivere in un perenne clima di precarietà».

I sindacati evidenziano che i "lavoratori e il territorio sono stanchi di subire continui rinvii rispetto ad impegni già assunti in sede ministeriale lo scorso 6 settembre 2018». «Nell’accordo - precisano - abbiamo stabilito dei principi chiari in merito alla clausola di salvaguardia occupazionale per i lavoratori di Ilva in As che, al termine del piano industriale previsto per il 2023, devono rientrare a lavoro». È inoltre «indispensabile - aggiungono - risolvere le problematiche relative alla questione ambientale: è necessario porre fine a questa inutile contrapposizione tra due diritti costituzionali come il lavoro e la salute».
«È evidente che si rende necessario l’intervento del governo - concludono - affinché si assuma una posizione chiara e in controtendenza rispetto a quanto prospettato ieri da ArcelorMittal attraverso la presentazione del piano industriale».

LE PAROLE DEL SINDACO MELUCCI 

«L'attenzione resta molto alta anche in termini di ordine pubblico perché 6.400 esuberi in totale significano 20-22mila cittadini di questa città, o meglio italiani». Lo ha detto il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ai microfoni a 'Radio1 In Viva Vocè condotto da Ilaria Sotis e Claudio De Tommasi, parlando del nuovo piano industriale presentato da ArcelorMittal per l’ex Ilva di Taranto.
«Non è una problematica locale - ha proseguito il sindaco - nemmeno una vertenza soltanto sindacale, ma rischia di essere il punto di non ritorno del declino di un intero paese. Se manca questa voce forte e autorevole del governo è chiaro che siamo preoccupati e un pò spaesati. Ma non ci arrendiamo».

«Abbiamo di fronte un governo intrinsecamente fragile - ha detto Melucci - e una questione così complessa non si può risolvere agevolmente se non c'è un governo saldo, con le idee chiare». «Ad oggi - ha sottolineato - nel silenzio totale dei dicasteri romani coltivo un pò di timore che si voglia soltanto spostare il problema alle prossime settimane, magari nell’attesa dell’evoluzione dei fatti di governo».
«Spero - ha concluso - che non sia così perché, se affrontata bene, questa vicenda può diventare un paradigma nuovo, una svolta per tutto il paese».

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