Attesa per conoscere l’esito del vertice di tre ore a Palazzo Chigi tra il governo e Arcelor Mittal sul futuro dell’accordo per l’ex Ilva. Una conferenza stampa è annunciata alla fine del Consiglio dei Ministri, cominciato alle 18.30. L’azienda, intanto, ha avviato la procedura per la 'restituzione' di 10.777 dipendenti al commissario straordinario. Lo scudo penale per gli ex manager, si legge nel documento, era essenziale per l’operazione. Il sindacato si spacca sullo sciopero immediato annunciato dalla Fim Cisl: Uilm e Fiom vogliono attendere l’esito dell’incontro.
Al vertice hanno preso parte il premier Giusppe Conte, i ministri Stefano Patuanelli, Roberto Gualtieri, Giuseppe Luciano Provenzano, Roberto Speranza, Teresa Bellanova, il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, e il sottosegretario Mario Turco. Per ArcelorMittal presenti il patron Lakshmi Mittal e il figlio Adyta Mittal. Alla riunione non ha partecipato l’ad di Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli.
Fiom e Uilm al termine del consiglio di fabbrica, hanno deciso di proclamare uno sciopero di 24 ore per l’8/11 nel quadro delle «iniziative di mobilitazione per salvaguardare il futuro ambientale e occupazionale del territorio ionico» e «Di fronte all’arroganza» di ArceloMittal e "ad una totale incapacità ed immobilismo della politica». «La scelta di Arcelor Mittal» è «stata dettata dalla volontà di rimettere in discussione» l’accordo del 6/9/2018 e che trova «un alibi su vicenda dell’esimente penale».
IL NODO DELLO SCUDO - ArcelorMittal nel documento di retrocessione ad Ilva delle aziende e dei 10777 dipendenti spiega che il recesso del contratto deriva dall’eliminazione della protezione legale. La Protezione legale - si osserva - costituiva «un presupposto essenziale su cui AmInvestCo e le società designate hanno fatto esplicito affidamento e in mancanza del quale non avrebbero neppure accettato di partecipare all’operazione né, tantomeno, di instaurare il rapporto disciplinato dal Contratto».
DIECIMILA DIPENDENTI - Sono 10.777 in totale i dipendenti in Italia coinvolti nella decisione di ArcelorMittal di rinunciare all’acquisizione dell’Ilva. Sono ben 10.351 i lavoratori di ArcelorMittal Italia che precipitano così nell’incertezza: 6.978 gli operai, 2.091 gli impiegati, 1.003 i dipendenti intermedi e 279 tra quadri e dirigenti. Altri 426 lavoratori nella procedura fanno capo direttamente alle società del gruppo ArcelorMittal portando così il totale degli operai coinvolti a 7.040. In base alle tempistiche previste dalla legge, dalla comunicazione scritta di Arcelor datata 5 novembre, i sindacati hanno sette giorni per chiedere di avviare un esame congiunto dell’operazione. La consultazione si intende comunque esaurita se entro dieci giorni dall’avvio di tale esame non viene raggiunto un accordo. Mentre già 25 giorni dopo la comunicazione formale ex art. 47 (della legge 428/90) può avvenire il trasferimento vero e proprio.
La decisione di ArcelorMittal di lasciare Taranto, secondo la Fim, ha già prodotto la richiesta da parte delle aziende di appalto di cassa integrazione. Potrebbero fermarsi già in prima battuta, secondo il sindacato, altri 4.000 lavoratori.

TRATTATIVA IN SALITA - Trattativa tutta in salita tra governo e ArcelorMittal sull'ex Ilva. Un vertice di tre ore a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e Lakshmi Mittal, patron della multinazionale, e suo figlio Aditya, non risolve il complicatissimo rebus sullo stabilimento di Taranto. Ma il negoziato non è interrotto, e il governo corre ai ripari intervenendo già nel Consiglio dei ministri convocato in giornata e «monopolizzato» dal dossier Ilva. Con il premier alle prese con il nodo di un possibile decreto ad hoc. Nella misura si punterebbe a inserire quella norma interpretativa dell’art. 51 del codice penale che, di fatto, tutela dal punto di vista giuridico ArcelorMittal. Ma sul punto c'è il muro, sopratutto nei gruppi parlamentari, del M5S.
Le notizie, per tutta la giornata, sono frammentate. Bocche cucite e facce piuttosto scure si aggirano nei dintorni di Palazzo Chigi dopo la riunione con ArcelorMittal, alla quale Conte presenta anche i ministri Gualtieri, Patuanelli, Bellanova, Catalfo, Provenzano e Speranza. Un team che rappresenta tutto l’arco della maggioranza giallorosa. E il dato non è marginale visto che, sul salvataggio dell’ex Ilva, la maggioranza rischia di spaccarsi clamorosamente con il nocciolo duro pentastellato, capitanato da Barbara Lezzi, fermo nella sua contrarietà al ripristino dello scudo penale. Possibile che da Conte arrivi un forte richiamo alla responsabilità. Ma il rischio è che il decreto, o comunque la norma destinata a garantire l’immunità, venga votata da Pd, Italia Viva, Lega, FI e una parte del M5S con Leu che, nei giorni scorsi, pure si diceva scettica sullo scudo penale. A quel punto il governo si ritroverebbe con una maggioranza mutata, rischiando la crisi in un contesto già delicato e con Nicola Zingaretti che in una riunione al Nazareno in mattinata fa trapelare tutta l'insofferenza che si respira nei Dem per le sortite di Matteo Renzi e del M5S.
Conte, di fatto, lavora per l’intera giornata al dossier Ilva convocando, solo dopo il Cdm, una conferenza stampa per fare il punto della situazione. «Faremo di tutto per il rispetto degli impegni», assicura in mattinata il premier. Ma a Taranto, nel frattempo, è psicodramma. In mattinata arriva alle organizzazioni sindacali la lettera, già annunciata ieri dall’ad Lucia Morselli (assente al vertice di Palazzo Chigi), con la quale A.Mittal comunica la decisione di disdettare l’accordo e restituire chiavi e dipendenti all’Amministrazione straordinaria. Contemporaneamente viene depositato presso il Tribunale di Milano l’atto di citazione contro i Commissari Straordinari relativo alla rescissione del contratto.
La comunicazione provoca l’immediata reazione dei sindacati e della città di Taranto. In mattinata la Fim-Cisl dichiara uno sciopero immediato a Taranto di 24 ore a partire dalle 15 del pomeriggio. Uno sciopero che, riferisce la Fim-Cisl incassa un’alta adesione. Ma la mossa non è condivisa dalle altre sigle (Uilm, Fiom e Ubs) che, pur mantenendo lo stato di agitazione volevano attendere gli esiti del vertice a Palazzo Chigi. Il punto sul quale ArcelorMittal non vuole cedere è la «protezione legale», prevista dal Dl 2015/1 e confermata dal Dl del 3 settembre 2019. Protezione considerata dall’azienda «presupposto essenziale» al punto che «in mancanza, non avrebbe accettato di partecipare all’operazione» di ristrutturazione e rilancio dell’Ilva.
Ma il tema, per il governo è un altro. E’ la stessa sostenibilità della produzione da parte di A.Mittal, che - in relazione all’Altoforno 2 (sotto sequestro per la morte di un operaio nel 2015 ma in funzione e da ristrutturare come da Piano Ambientale), dovrebbe entro il 13 dicembre presentare la progettazione degli interventi ambientali e mirati alla sicurezza dei lavoratori. L’azienda, sostengono fonti di maggioranza, punta inoltre a 5mila unità. Un obiettivo che potrebbe costringere il governo a intervenire subito con la cassa integrazione.