BARI - Nei negozietti di elettronica degli extracomunitari si vendono a 20 euro. Su Amazon costano addirittura meno. Sono cellulari cinesi. I più piccoli pesano 15 grammi e sono alti appena 6 centimetri. Facilissimi da nascondere, vendutissimi a chi ha una relazione clandestina. E - secondo la Direzione distrettuale antimafia - ormai onnipresenti in carcere, consentendo così ai boss di tenere i contatti con l’esterno.
La scorsa settimana i carabinieri, nell’ambito di una indagine per omicidio collegata al clan Strisciuglio del capoluogo, hanno effettuato sequestri di minicellulari nelle carceri di Bari, Trani, Matera, Melfi e in Sicilia. Escluse allo stato complicità degli agenti della polizia penitenziaria, è altamente probabile che i telefonini vengano portati all’interno durante i colloqui con i familiari, nei pacchi dei viveri o in quelli della biancheria, un po’ come la lima che nei fumetti veniva nascosta nella torta. Una logistica complessa contro cui, teme chi in queste ore si sta occupando del problema, ci sono poche contromisure se non accurate perquisizioni: è improponibile l’uso di jammer per schermare le celle (se non nei reparti destinati ai detenuti al 41 bis, ma non è questo il caso), perché la rete cellulare serve anche al personale in caso di emergenze.
I boss sono dunque tornati ai vecchi sms. Anche perché i mini-cellulari non hanno sistema operativo, e questo dagli affiliati ai clan è considerato un vantaggio: in questo modo non possono essere attaccati con i trojan, i programmi che trasformano il telefonino in una microspia e che ormai vanno molto di moda. Saverio Faccilongo, il plenipotenziario degli Strisciuglio nel quartiere San Pio di Bari considerato il mandante dell’omicidio di un rivale interno al clan, secondo i carabinieri dava ordini dal carcere proprio con un minicellulare, e aveva perfettamente chiari i rischi dell’uso della tecnologia: alla moglie che gli chiede il permesso di dare il suo numero ad altri «amici», Faccilongo fornisce per sms indicazioni precise.
«Chiama lo zio subito e allontanate i tel vostri quando parlate, attenzion amo dai il mio a lei ma solo se è nuova». Vuole insomma essere chiamato solo se la scheda dell’interlocutore «è nuova», per evitare che le forze di polizia potessero già averla sotto intercettazione. «Allontanate i telefoni vostri quando parlate», per paura che contenessero un trojan capace di captare la conversazione. E non è un atteggiamento paranoico: il cellulare di Michele Ranieri, la vittima dell’omicidio di San Pio, veniva ascoltato in tempo reale dagli investigatori proprio grazie a un software spia.
L’indagine della Dda di Bari ha evidenziato il ruolo delle mogli dei capi delle organizzazioni criminali, che - facendo passare i numeri di telefono - consentivano i mariti di parlarsi da un carcere all’altro. È il caso, ad esempio, dei colloqui tra Faccilongo e altri due detenuti ritenuti esponenti di spicco del clan di Enziteto, Nicola Ciaramitaro (detenuto a Melfi) e Aldo Brandi (rinchiuso a Matera): la moglie di Faccilongo aveva chiesto al marito di poter passare il suo numero a «Marika» e «Ale», i nomi di battesimo delle mogli dei due sodali. «Marika no dal tel grande», scrive Faccilongo alla moglie: intende ordinare all’interlocutore di non utilizzare uno smartphone, sempre per il terrore dei trojan.