BARI - Ci sono «possibili irregolarità nella gestione delle procedure assunzionali» per i 285 cosiddetti precari che sono stati stabilizzati nel corso del 2018. Nella bozza di relazione sul rendiconto che sarà discussa nell’udienza pubblica di domani (in vista della parifica prevista per il 2 ottobre) la Corte dei conti bacchetta in maniera pesante la Regione, criticata anche per il mancato funzionamento della centrale unica di appalto e per una generale scarsa capacità di spesa.
Il tema più delicato è però quello del personale. Nella relazione che i giudici contabili (presidente Stanco) hanno trasmesso all’assessorato al Bilancio, emerge per la prima volta che il costo delle 285 stabilizzazioni è pari a 8,8 milioni di euro l’anno. Sono i dipendenti a tempo determinato che, imbarcati ai tempi della giunta Vendola quasi tutti tramite short list, hanno ottenuto un posto di lavoro grazie al famigerato comma Ginefra della Finanziaria 2015. Una matassa che Emiliano ha dovuto sbrogliare, considerando che l’elenco è in buona parte costituito da gente all’epoca vicina ai partiti, piuttosto che da figli di sindacalisti o dipendenti regionali, o ancora da parenti di ex assessori.
La Corte dei conti ritiene che la Regione non abbia applicato correttamente le norme, sia perché il piano di stabilizzazione «ha omesso la quantificazione delle risorse occorrenti» sia perché «non è stato salvaguardato l’adeguato accesso dall’esterno» (il principio generale in base a cui a ogni posto riservato deve corrispondere un posto a disposizione di tutti).
Ma soprattutto, notano i giudici contabili, ci sono «profili di incertezza sulla presenza del requisito del superamento di una procedura concorsuale» che era uno dei punti cardine alla base della stabilizzazione: non tutti i 285 cosiddetti precari inseriti nella graduatoria, infatti, al momento del primo contratto avevano superato una selezione pubblica, anche se sul punto una circolare della Funzione pubblica (3/2017) fornisce una interpretazione estensiva che nei fatti salva tutti. Il risultato finale, però, è di aver fatto diventare dipendenti pubblici (anche) persone chiamate, negli anni della prima giunta Vendola, per vicinanza politica e per tessera di partito.
La Regione sul punto ha presentato ampie controdeduzioni, così come ha fatto anche su altri punti critici. Sulle stabilizzazioni, va detto, nel 2018 la Procura di Bari ha aperto un fascicolo che ha portato all’acquisizione degli atti nella sede dell’assessorato al Personale.
Sul fronte della gestione finanziaria, il quadro tracciato dalla Corte dei conti fa emergere più luci che ombre, facendo notare ad esempio la costante diminuzione dei debiti. Viene però evidenziato che la Regione è stata, anche nel 2018, troppo brava a raggiungere il pareggio di bilancio «attraverso il superamento dello stesso (pareggio di bilancio, ndr) di una somma più alta di quanto fosse effettivamente necessario».
Un po’ come frenare troppo per non superare il limite di velocità: il risultato è stato «una capacità di spesa inespressa» pari a 290 milioni di euro, che si sommano ai 211 milioni del 2017. Risorse che, notano i giudici, potevano essere impiegate «in proficue e fondamentali attività d’investimento» e che invece sono rimaste in cassa, ma che tuttavia assommano in percentuale allo 0,87% del totale, meno del limite dell’1% che la legge impone di rispettare per accedere alla premialità.
Ultimo punto, quello delle gare centralizzate per la sanità gestite da InnovaPuglia. La Corte dei conti ha rilevato che nel 2018 è stato portato a termine un solo maxiappalto per appena 13 milioni. «Forte perplessità desta quindi l’organizzazione predisposta ormai da tempo dalla Regione», scrivono i giudici, rilevando ad esempio i soldi sprecati per l’acquisto delle protesi che, in mancanza di gare, vengono comprate a prezzi molto più alti delle medie nazionali.