Sabato 06 Settembre 2025 | 17:53

Caporalato: sfruttavano braccianti a 2,5 euro l'ora tra Bari e Andria, in 8 patteggiano

 
Redazione online

Reporter:

Redazione online

Caporalato: sfruttavano braccianti a 2,5 euro l'ora tra Bari e Andria, in 8 patteggiano

Le pene patteggiate vanno dai 2 anni di reclusione ai mille euro di multa

Giovedì 23 Maggio 2019, 17:00

17:42

Hanno patteggiato pene comprese tra i 2 anni di reclusione e i mille euro di multa le otto persone accusate, con ruoli diversi, di aver sfruttato per anni circa 2 mila braccianti agricoli, tutti italiani e prevalentemente donne, reclutati nei territori di Mola di Bari, Noicattaro, Conversano e Rutigliano e impiegati in diversi campi di uva e ciliegie della regione, fino ad Andria e Trinitapoli.
Gli imputati rispondevano, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato), estorsione, omissione di soccorso, auto-riciclaggio e truffa ai danni dell’Inps. Nella quantificazione delle pene sono state riconosciute prevalenti le attenuanti generiche e concessa la sospensione condizionale delle pene. Dopo alcuni mesi di controllo giudiziario dell’azienda, inoltre, l’attività è tornata in mano agli originari amministratori che hanno regolarizzato la posizione di tutti i lavoratori impiegati. Stando alle indagini della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura di Bari, gli imputati fino ad un anno fa sottoponevano i braccianti a condizioni di sfruttamento approfittando del loro stato di bisogno, pagandoli circa 2 euro e 50 all’ora, facendoli lavorare fino a 14 ore consecutive sotto i teloni con temperature altissime e senza adeguate provviste di acqua, e costringendoli anche a restituire al caporale 2 euro per ogni giornata lavorativa.

L’inchiesta nel luglio 2018 portò all’arresto della caporale Maria Macchia, incaricata di reclutare i braccianti e segnare le presenze, che ha patteggiato 2 anni di reclusione, e dell’amministratore dell’azienda agricola Extrafrutta di Bisceglie, Berardino Pedone, che ha patteggiato la pena a 18 mesi.
Sono state accertate più di 24mila giornate lavorative e oltre 2 milioni di euro di profitto illecito oltre a 53 mila euro di indennità indebitamente percepite dall’INPS. Dalle sole estorsioni, la «quindicina», perché i 2 euro a giornata venivano consegnati ogni 15 giorni, la caporale avrebbe guadagnato circa 110mila euro. È stato accertato anche un episodio di omesso soccorso ad una bracciante che si era sentita male tre volte consecutive nello stesso giorno.
«Se da un lato è evidente come costituisca un dato più che notorio il grave problema occupazionale imperante nelle aree del meridione, compresa l’area del sud barese dove sarebbero stati reclutati braccianti, - scrive il gip Marco Galesi nella sentenza di patteggiamento - è ragionevole ritenere che il fatto stesso di avere accettato condizioni di lavoro certamente degradanti pur di lavorare, a partire dalla stessa imposizione di una quindicina in favore della caporale, costituisce indice concreto della sussistenza di un effettivo stato di bisogno da parte dei lavoratori».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)