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Bari, pochi e disorganizzati: centri per l’impiego in tilt

 
Rita Schena

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Rita Schena

Centri per l'impiego, una riforma senza i disabili?

Un addetto ogni 500 disoccupati, in Germania uno ogni due. E col reddito di cittadinanza andrà sempre peggio

Mercoledì 14 Novembre 2018, 07:30

BARI - «In Germania i centri di collocamento funzionano perché il rapporto tra impiegati e disoccupati è di 1 a 2. In Puglia il rapporto è più di 1 a 500, e da gennaio la forbice si allargherà ulteriormente perché scadono i progetti dei formatori regionali e il numero degli operatori scenderà a 391 dai circa 500 attivi al momento».
Leo Caroli, responsabile della task force regionale sul lavoro coglie al balzo la sollecitazione che arriva dalla segretaria Cgil Bari, Gigia Bucci, durante il forum tenuto lunedì nella sede della Gazzetta, per fare il punto sulla situazione industriale nell'area metropolitana. Occupazione, precariato, investimenti, crisi: il mondo del lavoro dalle nostre parti continua a vivere nel chiaroscuro. «Sul tavolo metropolitano si discute sul progetto di duplicare l'esperienza di Porta Futuro – sottolinea la Bucci – ma manca completamente la capacità di analisi sul perché non si riesce ad incrociare la domanda e l'offerta di lavoro».
Un tasto dolente in un territorio dove la disoccupazione ha numeri devastanti: un esercito che in tutta la Regione conta 278mila persone, 101mila solo nel Barese, secondo dati Istat aggiornati al 2017.
«C'è un intero pezzo infrastrutturale in crisi sul nostro territorio ed è il collocamento pubblico» il messaggio che si leva dal tavolo della Gazzetta. Un punto sul quale sono tutti concordi: imprenditori, sindacati, rappresentanti pubblici e docenti universitari.

«Se oggi una azienda del territorio vuole assumere si rivolge a tutti ma non ai centri per l'impiego – sottolinea Caroli -, perché lo sa che non potrebbe avere risposte. Sono enti che non sono stati tenuti nella debita cura e la responsabilità non è regionale ma delle vecchie Province dalle quali sono stati ereditati. La verità è che non sono mai stati messi nelle condizioni di lavorare, sia per i numeri di chi ci opera sia per gli strumenti a loro disposizione. Si fa presto a definire gli impiegati “incapaci” se ognuno di loro deve gestire 500 disoccupati senza alcun supporto, se in questi anni non è mai stato investito nulla». Altro drammatico paradosso: «Nei centri per l’impiego non c'è neanche il sistema informatico che li metta in rete con i centri delle altre province italiane, come si può pensare di ottenere i risultati? - domanda Caroli - Un miracolo è impossibile».
Nell'intera area metropolitana di Bari funzionano 13 centri per l'impiego, di questi uno è nel capoluogo e ogni giorno è preso d’assalto da centinaia di persone. In tutta la regione sono 44. In queste ultime settimane sono letteralmente assediati da decine di utenti che, nella speranza di accedere ai prossimi corsi di formazione regionali (dovrebbero partire a breve), chiedono due certificati: la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e il patto di servizio, a loro volta richiesti dagli enti formativi.

«Proviamo a pensare cosa succederà per le richieste del reddito di cittadinanza – ipotizza Caroli - non ce la faranno mai a reggere la mole di richieste. Se il provvedimento si dovrà erogare a marzo, dovrebbero già lavorarci, visti i numeri. Solo in Puglia servono mille operatori nel collocamento pubblico».
Per aver ben chiara la sperequazione di risorse tra il sistema tedesco e l'Italia basta quest'ultimo dato: la Germania investe nelle politiche di contrasto alla disoccupazione il 3% del suo prodotto interno lordo, l'Italia lo 0,3%.
«È sempre mancata la volontà politica a farci lavorare bene - lamentano d’altronde i dipendenti del centro per l'impiego di Bari - se qualcosa riusciamo a fare è per pura iniziativa privata, perché prendiamo a cuore il singolo caso, perché magari abbiamo una conoscenza personale di qualche collega nel Nord Italia e segnaliamo il singolo caso, ma altro non possiamo. Siamo costantemente attaccati da chi viene a chiedere servizi e non li ottiene, ma ci sentiamo impotenti. È la politica che deve decidere di stendere una rete di alleanze con le imprese del territorio, creare punti di raccordo per far circolare le informazioni. Ma di questo nulla è stato mai fatto».
I Centri per l'impiego dovrebbero essere uno snodo centrale tra chi cerca ed offre lavoro, anzi, rispetto alle agenzie di lavoro private (le ex interinali), dovrebbe essere il canale ufficiale dove i disoccupati e le aziende del territorio dovrebbero trovare le loro risposte. «E invece no - ribattono alcuni dipendenti -. Noi ci troviamo ad avere centinaia di potenziali lavoratori e nessuna richiesta di impiego. Le aziende, forse perché danno poco credito al servizio pubblico, non si rivolgono da noi quando cercano personale, tutti noi qui vediamo arrivare tanti giovani, bravi, dinamici e non siamo in grado di dar loro risposte, è frustrante, una sconfitta contro cui siamo impotenti».

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