TARANTO - Doveva tornare nel suo paese di origine perchè gli avevano negato l’asilo politico e si sentiva un fallito. Sarebbe stata questa la molla che ha spinto Amadou Jawo, un 22enne del Gambia che da due anni risiedeva in Italia, a togliersi la vita impiccandosi al cornicione del terrazzo dell’abitazione che condivideva con alcuni connazionali, a Castellaneta Marina. Il gesto risale a lunedì scorso: a darne notizia è l’associazione Babele, che ha avviato una raccolta fondi per il rimpatrio della salma.
Fonti del Viminale spiegano che Amadou aveva un permesso di soggiorno con scadenza a marzo 2019 e viveva con alcuni connazionali. In Italia aveva chiesto lo status di rifugiato: gli era stato respinto il 7 dicembre 2016, ma lui aveva fatto ricorso e lo scorso 12 ottobre il giudice si era riservato riservato la decisione. Non era dunque detta ancora l’ultima parola. Riguardo ai motivi del gesto, le stesse fonti dicono che i suoi compagni, sentiti dai carabinieri, «hanno imputato il gesto a uno stato depressivo. Secondo gli inquirenti il 22enne aveva anche manifestato l’intenzione di tornare in Gambia, usufruendo dei rimpatri assistiti».
«Amadou - racconta una attivista di Babele - a 22 anni ha scelto di uccidersi. Aveva avuto un diniego. Qui in Italia, per la legge, non poteva più starci. Finisce così la storia di un ragazzo come tanti, su cui violenze ed anni di stenti avevano prodotto un dolore sordo, mai affrontato. Ora riportiamo la sua salma nel suo villaggio in Gambia».
Il 22enne era stato prima in una struttura di accoglienza nel leccese e poi si era trasferito a Castellaneta Marina, dove svolgeva lavori saltuari. Dopo che gli era stato negato lo status di rifugiato «non riusciva a darsi pace». Due giorni fa, infine, il giovane è salito sul terrazzo dell’abitazione in cui viveva con altri ragazzi, si è legato una corda al collo e poi si è lasciato cadere. A nulla sono serviti i tentativi di rianimazione da parte del 118.
«Riportiamo la sua salma nel suo villaggio in Gambia», è l'appello dell’associazione Babele, che ha acceso un conto corrente e sta raccogliendo donazioni con appelli diffusi anche tramite i social network. «Servono in pochi giorni - viene spiegato - circa 5mila euro per pagare l’agenzia funebre che si occupa dello spostamento. Il sogno di Amadou era tornare in Africa. Realizziamo insieme il suo ultimo desiderio».
Nei giorni scorsi, c'erano state tensioni a Foggia, nelle campagne di Borgo Mezzanone, dove circa 50 migranti, secondo la denuncia dei sindacati di Polizia, per impedire l’arresto di un gambiano, avrebbero colpito due agenti, costringendoli a medicarsi in ospedale le ferite giudicate guaribili in 15 e 30 giorni. Lo straniero aveva chiesto asilo politico all’Italia.
LA REGIONE PUGLIA SI OCCUPERÀ DEL RIMPATRIO - Se dovessero arrivare la richiesta dei familiari della vittima e la documentazione necessaria da parte del Consolato del Gambia, per motivi umanitari, la Regione Puglia sarebbe disponibile a sostenere i costi del rimpatrio della salma di Amadou Jawo, il 22enne del Gambia che attendeva l'esito del ricorso contro il rigetto alla sua richiesta per ottenere lo status di rifugiato e ha deciso togliersi la vita lunedì scorso impiccandosi al cornicione del terrazzo dell’abitazione che condivideva con alcuni connazionali, a Castellaneta Marina (Taranto). E’ quanto riferiscono le associazioni Babele e Arci che hanno lanciato una raccolta fondi e avviato una interlocuzione con gli uffici regionali, precisando peraltro che stanno arrivando donazioni da tutta Italia e la cifra raccolta al momento è di 1070 euro.
«Ci sono dei passaggi da seguire e - spiega all’Ansa Enzo Pilò dell’associazione Babele - ci stiamo attivando per ottenere la documentazione dall’ambasciata. Oggi è giunto a Taranto il fratello di Amadou, che risiede in Italia, e potrà presentare a domanda di rimpatrio della salma nel villaggio del Gambia, dove risiedono gli altri familiari. Ringraziamo la Regione per la disponibilità. Comunque la raccolta fondi prosegue e potremmo riuscire ugualmente nell’obiettivo: se dovessimo superare la cifra necessaria al trasporto, potremmo fare una donazione alla famiglia e comunque se la cifra dovesse essere importante si potrebbe pensare a un progetto per il villaggio del Gambia».
LE PAROLE DELL'UNHCR - «Garantire ai richiedenti asilo l'effettivo accesso ai servizi essenziali, incluse le misure di supporto psico-sociale». Lo chiede l’Unhcr, a proposito del caso di Amadou Jawo, 22 anni, originario del Gambia, che si è tolto la vita a Castellaneta Marina. «Secondo l’associazione che lo seguiva - rileva l’Alto Commissariato Onu - il giovane, che lavorava come bracciante agricolo, soffriva di un disagio psicologico. La sua domanda d’asilo aveva avuto un esito negativo e aveva presentato un ricorso, pur essendo disponibile ad un rimpatrio assistito». «Il suo gesto estremo - sostiene l’Unhcr - dovrebbe far riflettere sul carico di responsabilità e sofferenza che i giovani richiedenti asilo, siano essi uomini, donne o addirittura bambini, portano con sé dal momento della partenza dai Paesi di origine sino all’arrivo nei Paesi di accoglienza. Spesso - ricorda - pur non partendo per motivi di persecuzione, lasciano situazioni di povertà e disperazione, e intere comunità ripongono in loro la speranza di un futuro migliore». «E' molto frequente poi - prosegue l’Agenzia Onu - che il senso di colpa per non essere riusciti a soddisfare le aspettative sia troppo pesante e divenga impossibile pensare ad un ritorno sereno, nonostante la possibilità di usufruire di formule di rimpatrio assistito».