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Omicidio Mastropasqua, a Foggia si cercano tracce del Dna nella pistola

 
redazione foggia

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Omicidio Mastropasqua, a Foggia si cercano tracce del Dna nella pistola

La procura chiede accertamenti ai Ris. Il presunto assassino ha confessato

Mercoledì 03 Settembre 2025, 13:42

Accertamenti dei Ris in corso per verificare se sia la pistola ritrovata qualche giorno dopo il delitto, l’arma impugnata da Donato Romano quando la mattina dello scorso 19 giugno uccise Giovanni Mastropasqua di cui era debitore. Romano, 43 anni, muratore incensurato foggiano, in cella dal giorno del delitto, confessò subito d’aver sparato a Mastropasqua, fruttivendolo di 50 anni, già noto alle forze dell’ordine per remoti coinvolgimenti in storie di spaccio. Fu assassinato con una pistolettata al collo in via Zuretti mentre era nella sua “Smart”, in compagnia dell’indagato. Si incontrarono per parlare della somma che Romano doveva restituire, un debito iniziale di 1500 euro contratto in aprile per acquistare attrezzi da lavoro, somma che a dire del presunto assassino sarebbe lievitata sino a 4500 euro. L’omicidio fu filmato dalle telecamere della zona, il che consentì a squadra mobile e carabinieri di identificare subito il sospettato e fermarlo nel pomeriggio.

I Ris di Roma (la “scientifica” dei carabinieri) su incarico del pm Rosa Pensa devono accertare se la pistola sia l’arma del delitto; cercare sull’arma e sul panno che l’avvolgeva impronte digitali e tracce biologiche da cui ricavare il dna. Nei prossimi giorni inoltre esamineranno lo stub cui Romano fu sottoposto nelle ore immediatamente successive all’omicidio, alla ricerca sulle mani di eventuali particelle di polvere da sparo. Una volta concluse queste verifiche il pm chiuderà le indagini e chiederà il processo per il muratore. “Attendiamo l’esito di queste verifiche” commenta il difensore, l’avv. Monica Scaglione “poi probabilmente il mio assistito chiederà di essere interrogato dal pm, continuando in quell’atteggiamento collaborativo mostrato sin dalla primissima fase delle indagini. Romano è sicuramente pentito di quello che ha fatto, sa che sconterà una pena ma si sentiva vessato dalla parte offesa”.

L’esito del processo e la pena ruotano sulla sussistenza o meno dell’aggravante della premeditazione contestata dalla Procura sul presupposto che Romano si presentò armato all’appuntamento con Mastropasqua; il muratore replica d’aver sparato in preda al panico perché si sentiva minacciato. L’omicidio aggravato dalla premeditazione prevede in linea edittale l’ergastolo e non consente il processo abbreviato che sconta di un terzo la pena. Sarà questa la strategia difensiva: far cadere l’aggravante, chiedere l’abbreviato, puntare a una pena ridotta in virtù anche della concessione delle attenuanti generiche e dell’atteggiamento collaborativo dimostrato da Romano sin dal primo momento, come rimarcato dalla stessa accusa. I familiari del fruttivendolo si costituiranno parte civile con l’avv. Ettore Censano.

“Tutto è iniziato lo scorso 20 aprile quando in una chiacchierata amichevole con Mastropasqua che già conoscevo, mi disse che se avevo bisogno di un aiuto economico lui potevo farlo, visto che io gli avevo detto di voler acquistare attrezzi da lavoro per il mio mestiere di muratore” disse Romano a carabinieri e poliziotti rendendo al momento del fermo dichiarazioni spontanee, poi sostanzialmente confermate davanti al gip nell’interrogatorio di convalida. “L’accordo iniziale fu che entro un mese gli avrei restituito 1900 euro, di cui 400 di interessi. Ma dopo pochi giorni ne volle indietro già 500 che gli diedi”. A dire di Romano, il fruttivendolo avrebbe preteso ulteriori soldi, informandolo che per estinguere il debito avrebbe dovuto versare 4500 euro. “Gli risposi di non avere soldi, di aspettare un altro poco di tempo: si arrabbiò e minacciò, dicendomi che mi avrebbe ucciso”.

Stando sempre al racconto del presunto assassino tutto da verificare, le richieste di denaro sarebbero proseguite. “Questa mattina” (riferito al 19 giugno, giorno del delitto) “io e Mastropasqua ci siamo dati appuntamento davanti alle Poste di via Testi. Col mio bancomat gli ho fatto vedere di non avere soldi sul conto; siamo andati via con la sua Smart” raggiungendo in auto via Zuretti. “Abbiamo iniziato a discutere, mi sono impaurito perché lui m’ha detto: ‘mo’ ti faccio vedere che succede’. Preso dal panico, ho preso la pistola e gli ho sparato. L’aveva portata temendo che mi facesse qualcosa; sono andato via e ho lanciato l’arma in un cassonetto”. Al gip, Romano aggiunse d’“aver sparato alla cieca” senza guardare al bersaglio; e d’aver comprato la pistola quella stessa mattina, pagando 350 euro a uno straniero non meglio identificato.

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