FOGGIA - Fu dalle intercettazioni disposte nell’indagine sull’omicidio di Roberto Russo ammazzato a Foggia il 25 marzo 2022 da killer ancora ignoti, che squadra mobile e Dda scoprirono un piano per uccidere il costruttore Antonio Fratianni; capirono che l’agguato doveva avvenire nella zona industriale di Foggia nei pressi dell’uscita del casello dell’autostrada A/14; e salvarono la vita alla vittima la sera del 26 giugno 2022. L’indagine è stata ricostruita in aula dall’ex vice dirigente della squadra mobile che ora lavora in un’altra sede nel processo abbreviato in Tribunale a 6 foggiani – il boss Emiliano Francavilla al vertice dell’omonimo clan, il genero Giovanni Consalvo, Mario Lanza e il figlio Antonio, Giuseppe Sonnino e Michele Ragno – detenuti dal 22 luglio di un anno fa e accusati di tentato omicidio aggravato dalla mafiosità: assistono alle udienze in videoconferenza dalle carceri e si dicono innocenti.
Il costruttore doveva essere ucciso – sostiene l’accusa sulla scorta di intercettazioni e della testimonianza di un dipendente della vittima che vive protetto dallo Stato – per non aver restituito ai Francavilla un’ingente somma ricevuta anni prima per reinvestirla; e per aver tentato di uccidere il 2 marzo 2022 a Nettuno il boss Antonello Francavilla (fratello di Emiliano che all’epoca del ferimento era ai domiciliari nella cittadina laziale) e il figlio minorenne, ferendoli gravemente a colpi di pistola; Fratianni, che per il duplice tentato omicidio è sotto processo davanti al Tribunale di Tivoli, si dice innocente.
Rispondendo alle domande del pm della Dda Bruna Manganelli e del nutrito collegio difensivo, il poliziotto ha ricostruito le indagini. Nel momento in cui dalle intercettazioni emerse il presunto piano di morte, fu scoperto il giorno in cui l’agguato doveva essere messo a segno (una domenica sera) e la zona, l’area industriale alla periferia di Foggia. Quel 26 giugno di un anno fa la Polizia battè le tre strade d’accesso al casello industriale in cerca dell’auto del commando; notò un furgone in un casolare abbandonato adiacente il tratto autostradale e identificò gli occupanti in Consalvo e Mario Lanza che, a dire dell’accusa, dovevano appostarsi per fare da vedetta e avvisare i complici dell’arrivo dell’auto di Fratianni. I poliziotti - ha detto il poliziotto - dal casolare abbandonato si spostarono nel podere di Mario Lanza situato a qualche chilometro di distanza e ritenuto la base logistica del gruppo; mentre era in corso il controllo nella campagna, notarono una “Fiat 500” rossa: il conducente alla vista degli agenti fuggì e riuscì a eludere l’inseguimento. La “Fiat 500” rossa, a dire dell’accusa, era l’auto su cui viaggiava il commando pronto a uccidere composto da Emiliano Francavilla, Antonio Lanza e Sonnino. L’utilitaria fu rintracciata poco dopo su viale degli Aviatori e fermata: a bordo c’era il solo Sonnino.
Nel controinterrogatorio del testimone i difensori hanno puntato a far emergere che quando la Polizia battè le strade d’accesso al casello non fu notata né la “Fiat 500” rossa del presunto commando né altre auto sospette; che non c’è certezza sul numero di persone a bordo della “Fiat 500” quando fu vista sfrecciare e dileguarsi, né prove per sostenere che fosse l’auto dei sicari. Ma se pure la ricostruzione accusatoria reggesse, il presunto progetto di morte – dice la difesa - non entrò mai nella fase esecutiva, per cui il reato di tentato omicidio non sussiste. Sul punto la Dda ribatte che due gip di Foggia e Bari prima, poi tre giudici del Tribunale della libertà di Bari e infine 5 magistrati della Corte di Cassazione hanno invece ritenuto che il piano per uccidere era pronto a essere attuato, e se Fratianni non fu ammazzato lo si deve solo all’intervento della squadra mobile che gli salvò la vita.
Interrogato anche un secondo testimone a discarico, citato dall’avv. Antonello Genua difensore di Ragno: ha detto che il 26 giugno 2022 l’imputato era con lui e altre dieci persone a Campomarino; l’accusa replicherà in arringa che Ragno non è accusato (vedi imputazione a fianco ndr) d’aver avuto un ruolo esecutivo la sera dei fatti, ma di aver collaborato col boss Francavilla nei giorni e settimane precedenti installando o facendo installare un gps sull’auto di Fratianni per monitorarne gli spostamenti. Nella prossima udienza verrà interrogato l’ultimo teste della difesa, un presunto spacciatore che sarebbe stato minacciato da Francavilla e Ragno per rifornirsi di droga dal loro clan: i due imputati sono accusati anche di tentata estorsione e spaccio.