FOGGIA - Stamattina la Commissione parlamentare antimafia ufficializzerà la decisione di svolgere venerdì a Foggia la prima missione della legislatura. Un segnale forte, dicono fonti parlamentari, per confermare la presenza dello Stato in una città che lotta con la criminalità organizzata. E che il 22 ottobre tornerà alle urne a due anni dallo scioglimento per infiltrazioni del Comune all’epoca guidato da Franco Landella, esponente della Lega che, pur non essendo mai stato coinvolto in indagini di mafia, venne ritenuto troppo debole di fronte alle pressioni dei clan sull’amministrazione.
Le fonti parlamentari di maggioranza invitano a non collegare la visita in città dell’Antimafia con le imminenti elezioni amministrative: la decisione - dicono - deriva dalle audizioni del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e del procuratore distrettuale Roberto Rossi, che a fine luglio indicarono Foggia come una emergenza nazionale nella lotta alla criminalità organizzata. Un allarme che la commissione ha inteso raccogliere, appunto, per dare un segnale. Ma resta la coincidenza temporale con una polemica violentissima che sta spaccando lo stesso centrodestra e che riguarda le parentele del candidato scelto dalla coalizione, Raffaele di Mauro, e del civico Leonardo Mainiero, ex esponente di Fratelli d’Italia che ha girato tutto l’arco costituzionale (Emiliano compreso) prima di presentarsi da indipendente.
Di Mauro è espressione di Forza Italia, che con il plenipotenziario pugliese Mauro D’Attis (parlamentare brindisino, vicepresidente della commissione Antimafia) ha avuto la meglio sulla Lega. I salviniani puntavano invece sul segretario provinciale Antonio Viggiano o sull’ex consigliere regionale ed assessore Leo Di Gioia. «Non possiamo candidare uno che è stato assessore di Vendola ed Emiliano», è stato il ragionamento con cui Forza Italia ha convinto Fratelli d’Italia, che a sua volta si è ritrovata senza un proprio candidato dopo la rinuncia di Fabio Porreca e il «no, grazie» di Gianni De Leonardis: l’alternativa per i meloniani sarebbe stata la parlamentare Anna Maria Fallucchi, moglie di Porreca, ma a rischio di rendere poi contendibile il collegio senatoriale oggi in mano al centrodestra, in caso di candidatura unitaria di Pd e M5S. E così si è arrivati a maggioranza alla scelta di Di Mauro. Tra i contrari l’uomo forte di Salvini a Foggia, l’europarlamentare Massimo Casanova, che riteneva Di Mauro troppo vicino a Landella. Secondo gli altri alleati, viceversa, Di Mauro sarebbe stato il primo a staccare la spina quando si scatenò la bufera sull’ex sindaco.
Il giovane avvocato Di Mauro, 41 anni, consigliere comunale uscente di Forza Italia, è marito della nipote di un pezzo da 90 della mafia foggiana, Franco Spiritoso detto «Capone», ucciso nel 2007, e fratello di Giuseppe, ritenuto il più grosso trafficante di droga della città. Di Mauro, figlio d’arte, è persona al di sopra di ogni sospetto così come la gran parte dei suoi parenti acquisiti (tutti incensurati): nessuno può far ricadere su di loro responsabilità oggettive né patenti di mafiosità. Ma il ragionamento di opportunità politica, che in molti anche nel centrodestra rivendicano e che rischia di creare imbarazzi anche alla commissione Antimafia, parte da una considerazione oggettiva: nel procedimento concluso con lo scioglimento del Comune, a Landella è stata contestata una parentela acquisita. Un cugino della moglie, ritenuto «organico» alla criminalità organizzata seppur mai condannato. Il rischio, insomma, è il deja vu.
Nella commissione parlamentare antimafia siedono tre pugliesi (oltre a D’Attis ci sono il barese Filippo Melchiorre e il salentino Erio Congedo, entrambi di Fratelli d’Italia). Alla stessa commissione spetta l’esame delle candidature (il termine per il deposito delle liste scade venerdì 22) per segnalare i cosiddetti «impresentabili», esame che - proprio la presidente Chiara Colosimo ha annunciato di voler cambiare: i «segnalati» non sono infatti incandidabili e - ha detto la parlamentare Fdi in una intervista al Foglio - così si rischia solo di compilare liste di proscrizione. Colosimo aveva chiesto ai partiti di consegnare i nomi dei candidati 75 giorni prima del voto. Forza Italia e Lega hanno finora mandato un elenco parziale, per cui l’esame avverrà solo a poca distanza dal voto.
Le verifiche dell’Antimafia si basano su un codice di autoregolamentazione (predisposto dall’ex presidente, il grillino Nicola Morra) che colpisce le persone rinviate a giudizio o condannate per reati gravi. Non riguarda, dunque, le parentele e le affinità dei candidati, e dunque non rileverà né quelle di Di Mauro né quelle di Mainiero (con la famiglia di Antonio ed Emiliano Francavilla, ai vertici del clan Sinesi-Francavilla). Lo stesso Mainiero che, va detto, presentò una denuncia che portò a numerosi arresti per assenteismo negli uffici del Comune di Foggia.
Il problema, ancora una volta, è politico. E infatti a Foggia il centrodestra ribolle anche per il possibile accordo con l’Udc di Massimo Cassano, che potrebbe candidare Micaela Di Donna, cognata di Landella. In cerca di una candidatura è pure l’ex vicesindaco Erminia Roberto, finita nel procedimento di scioglimento per i contributi economici concessi a un esponente del clan Francavilla che (in un audio contenuto in un esposto anonimo) minacciava la donna di rendere noto il sostegno dato all’elezione di Landella. Sull’incandidabilità di Roberto (esclusa dalla Corte d’appello) si pronuncerà la Cassazione. Il tema politico, in ultima analisi, è dunque il possibile ritorno in campo degli uomini di Landella che tutti dicono di voler evitare.