Circa 1500 migranti sistemati in baracche nell’ex pista aeroportuale della borgata di Mezzanone, trasformata negli ultimi tre anni e mezzo nel ghetto più grande del Foggiano; altri 600 extracomunitari che hanno invaso l’attiguo «cara» - il centro di accoglienza richiedenti asilo, ormai svuotato di profughi .- e vivono abusivamente in 17 moduli abitativi che furono installati per ospitare i profughi sbarcati sulle coste italiane e sui quali pende da marzo un decreto di sequestro in quanto insalubri, con conseguente sgombero ancora da attuare. La situazione nella baraccopoli alle porte di Foggia è sempre più esplosiva, come dimostra la rissa dell’altra notte tra migranti contrassegnata da scazzottate, sassaiola, l’incendio di un paio di container, il trasporto in ospedale a Foggia di tre feriti per traumi da lesioni, tra cui un senegalese ricoverato in codice rosso per ferite gravi al volto e all’addome. La situazione nel ghetto adesso pare essere tornata alla normalità, dopo che tensioni si sono registrate anche nella giornata di domenica, tant’è che le forze dell’ordine avrebbero anche rinunciato l’altra mattina per motivi di opportunità a eseguire un sopralluogo per fare la conta dei danni.
Le frequenti tragedie con 4 migranti morti carbonizzati tra il novembre 2018 e il giugno scorso in altrettanti roghi accidentali; le tensioni all’interno della baraccopoli, una terra di nessuno dove aggressioni, ferimenti, accoltellamenti sono frequenti e di cui solo una minima parte viene denunciato; bande che dettano le regole in materia di caporalato, prostituzione, droga e accesso alle baracche dietro pagamenti, di cui qualche indagine (ferme ad anni fa però) pure diede segnale; le condizioni di sfruttamento e emarginazione della maggior parte dei residenti che non ha altra scelta se non vivere in baracche di legna e lamiera in condizioni igienico-sanitarie a dir poco allarmanti. Tutto questo avviene a 12 chilometri da Foggia, in un insediamento abusivo del cui smantellamento si parla da anni, ma che invece di ridursi ha invaso parte anche dell’ex «cara».
L’operazione «Law and humanity» di Procura, prefettura, forze dell’ordine e Esercito prevede il sequestro penale delle baracche, la contestuale demolizione su ordinanze del prefetto, lo sgombero dei migranti e la sistemazione di quelli con regolare permesso di soggiorno in strutture messe a disposizione dalle istituzioni: partita a febbraio 2019, «Law and humanity» si è fermata dopo 4 step a luglio di un anno fa, quando i manufatti e le case abbattute dalle ruspe in 4 interventi erano 74, e i migranti evacuati solo 130: si era a un quarto del percorso di smantellamento e evacuazione. Pende poi un decreto di sequestro dei container e contestuale sgombero degli abusivi che hanno invaso il vicino «cara». Nella primavera del 2017 in conseguenza della ripresa massiccia di sbarchi di profughi sulle coste italiane, il centro d’accoglienza richiedenti asilo della borgata di Mezzanone era diventato il secondo più grande d’Italia con quasi 1400 migranti ospitati, in attesa che la commissione territoriale vagliasse le loro richieste di asilo politico. Il calo della presenze nel «cara» è cominciato ad agosto 2017 per scendere ai 30 profughi ospitati a marzo, e agli «zero» attuali.
Lo svuotamento del «cara» è stato però accompagnato negli ultimi mesi dall’invasione di abusivi che dalla vicina ex pista si sono ampliati e hanno occupato 18 moduli abitativi (scesi a 17, uno è stato distrutto) e 13 strutture analoghe destinate a bagni. A marzo scorso erano 300 gli abusivi: adesso sono circa 600, con una media di oltre 30 residenti per moduli abitativi ideati per ospitare 6/8 persone. Tutto era pronto a marzo per mandarli via gli abusivi: le forze dell’ordine intervennero massicciamente, ed era stata individuata la ditta incaricata di smantellare i moduli abitativi e i bagni ormai diventati insalubri e ritenuti pericolosi per l’incolumità delle persone. Se nel vicino ghetto dell’ex pista si era intervenuti con le ruspe per abbattere le baracche, questo non è possibile nel «cara» in quanto gli escavatori rischierebbero di tranciare cavi elettrici: da qui la necessità di rivolgersi ad una ditta specializzata nel rimuovere i container. La mattina del 4 marzo scorso doveva cominciare lo sgombero degli abusivi, anticipato nei giorni precedenti da opera di convincimento della Polizia (con tanto di volantini in varie lingue affissi nel «cara») perché gli abusivi abbandonassero i moduli abitativi spontaneamente. E i migranti si dissero d’accordo, chiesero solo qualche giorno in più, che venne concesso, per poter trovare un’altra sistemazione. Nei giorni successivi esplose però la pandemia da coronavirus, l’evacuazione del «cara» non fu più possibile attuarla entro la prima decade di marzo; e venne rinviata a data da destinarsi: dai 300 abusivi di allora nel «cara» si è arrivati ai circa 600 attuali, secondo stime ufficiose.