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Apricena, passa al vaglio del Tdl inchiesta sugli appalti

 
Redazione online

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Guardia di Finanza

I tre arrestati chiedono la revoca dei domiciliari, i 12 interdetti di poter tornare al lavoro

Lunedì 29 Luglio 2019, 10:02

19 Giugno 2025, 15:29

Arriva al vaglio del Tribunale della libertà di Bari l’inchiesta «Madrepietra» di Procura e Guardia di Finanza su appalti al Comune di Apricena, sfociata nel blitz del 23 luglio con 12 ordinanze cautelari firmate dal Carmen Corvino: 3 ai domiciliari, 12 di sospensione da lavoro e attività professionali. I 25 indagati complessivi sono accusati a vario titolo di 20 imputazioni per fatti dal 2013 al dicembre 2018: 8 contestazioni di falso; 2 di turbativa d’asta; 2 di induzione indebita a dare o promettere utilità; 2 di reati tributari; concussione; truffa; peculato; abuso; rivelazione di segreti d’ufficio; e fraudolento danneggiamento di beni assicurati.

A ricorrere al «Tdl» per chiedere la revoca dei domiciliari saranno i tre arrestati - il sindaco Antonio Potenza accusato di concussione e abuso; l’assessore Ivan Augelli che risponde di turbativa d’asta, rivelazione di segreti d’ufficio e induzione indebita; il costruttore Matteo Bianchi accusato di falso e fraudolento danneggiamento di beni assicurati - e i 12 indagati che chiedono la revoca della misura interdittiva: tecnici comunali, imprenditori, avvocato, titolari di laboratori d’analisi.
Il gip Corvino nel motivare arresti e interdizioni ha parlato di «quadro assai allarmante emerso dalle indagini: in un lasso temporale assai breve, circa 14 mesi, vengono commessi più di una dozzina di reati ai danni di oggettività giuridiche tra loro disparate quali buon andamento della pubblica amministrazione (riferito a concussione, induzione indebita, abuso, rivelazione di segreti d’ufficio); libertà e par condicio imprenditoriale (turbativa d’asta); fede pubblica (le accuse di falso); il patrimonio delle imprese assicurative».

Quanto agli indagati il gip scrive che «per quanto riguarda i soggetti intranei alla pubblica amministrazione le condotte contestate paiono essere il frutto di stille criminali improntate all’indebita strumentalizzazione degli incarichi pubblici ricoperti da alcuni (sindaco Potenza; assessore Augelli; Anito Domenico Zicchino istruttore tecnico della centrale unica di committenza; Claudio,Cardone e Francesco Delli Muti entrambi del settore lavori pubblici del Comune); e all’illecito approfittamento delle consolidate relazioni di amicizia e di conoscenza (Matteo Bianchi, Massimo Pastucci, Nicola Palma, Giuseppe e Angelo D’Anello, Federico Bianchi, Giovanni Ricciardi). Il rischio di reiterazione del reato va ravvisato «nella reiterazione delle condotte; nel tentativo di mascherare gli affari illeciti ponendo in essere i falsi; nel carcere di ottenere notizie riservate: tutto ciò delinea una pervicacia nell’agire che evidenzia una assai spiccata propensione al crimine». Per il giudice sussiste anche il rischio di inquinamento delle prove «manifestato dall’abitudine a falsificare documenti pubblici per “coprire” illeciti nonché dalla capacità di persuasione delle parti offese: il certosino lavoro d’indagine ha permesso di acquisire un quadro assai solido e difficilmente scalfibile se non avvicinando i testimoni e le persone informate sui fatti».

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