Il 33% dei pugliesi non andrà a votare. Almeno questo è il dato che emerge dal sondaggio Yoodata commissionato dalla «Gazzetta» e pubblicato nei giorni scorsi. I numeri delle possibili sfide tra candidati hanno riacceso il dibattito politico, ma i numeri della partecipazione ci dicono che il 57% degli aventi diritto al voto si recherà nelle urne per decidere il futuro del 100% dei pugliesi, presumibilmente a novembre, quando dovrebbero essere aperte le urne - il condizionale è ancora d’obbligo, visto che non è stata decisa la data - delle elezioni regionali.
È un sondaggio, per carità, eppure dovrebbe far riflettere su quanto appeal sta generando sotto l’ombrellone estivo l’appuntamento più importante dei prossimi cinque anni in Puglia. Poco, se non ci si mettessero Decaro e Emiliano, la nuora e la suocera, a litigare e a montare un’altra puntata della telenovela sulle divisioni a sinistra mentre l’avversario in stato comatoso, la destra, continua a darsi più o meno latitante. L’importante, ecco, è parlarne delle votazioni e far parlare di sé. Quello che ai due campioni del centrosinistra pugliese, con ambizioni nazionali, riesce benissimo da oltre un ventennio mentre il centrodestra si prepara con fatica a giocare una partita data già per persa. Qui le baruffe che incuriosiscono la pancia dell’elettorato mentre le liste dei sindaci incetta-voti sono già pronte, là invece non c’è la squadra, non c’è l’attaccante di grido da candidare governatore in Puglia e non c’è nemmeno il coach, l’allenatore, quello che tiene su la squadra e la motiva decidendo gli schemi di gioco. Anzi, nel frattempo, i giocatori della destra se ne scappano in panchina, chiedendo ruoli blindati e comode poltrone da nominati, mentre la partita pugliese del futuro vira a sinistra.
Imprenditori, professionisti, politici, civici. Tanti «sondati» a destra, tutti lusingati ma spaventati dall’impervia scalata («Grazie per il pensiero, ma ho altro da fare…») e incapaci di arginare l’audience sulla telenovela delle elezioni regionali, tutta assorbita dalle stelle Pacino-De Niro (Decaro-Emiliano). L’unico per ora pronto a immolarsi per la causa, il parlamentare D’Attis - questo ci dice il sondaggio - è noto solo a un pugliese su cinque. Male che dovesse andare la partita, a urne chiuse, ci sarà un «risarcimento» pure per lui, perché almeno ci avrà messo la faccia, ci avrà provato a giocare da appassionato cultore del tennis contro Sinner. Un po’ com’è andata a Bari nella sfida Romito-Leccese. L’importante, sembra questo il ragionamento a destra, è perdere con dignità di fronte alla gioiosa macchina da guerra Emiliano-Decaro, magari parlando di programmi per la Puglia (un tempo si usava in politica) mentre dall’altra parte le liti interne spopolano sui social e tra la gente comune, tenendo in piedi la telenovela.
Tra le baruffe chiozzotte della sinistra, però, è emerso un altro elemento da quel sondaggio. Che Decaro candidato è sostituibile, che il centrosinistra vincerebbe comunque anche se candidasse Piemontese, Capone, Boccia e perfino il grillino Mario Turco, nell’ipotesi che la leader Dem ceda lo scettro della Puglia all’alleato Conte pur di tenere in piedi il «campo largo». Dunque il possibile ricatto del candidato («se mi sfilo io, il centrosinistra rischia di perdere») non vale più. Se non c’è Decaro-Sinner o il campione si ritira (proprio come accaduto ieri), c’è Alcaraz e se non c’è manco lui a sinistra hanno Djokovic. Il peso specifico dell’eurodeputato sbanca-urne, in presenza di alternative ugualmente vincenti, scende nelle quotazioni. E calano di peso anche le sue rimostranze di fronte alla candidatura a consiglieri semplici di Emiliano e Vendola. «Morto un Papa, se ne fa un altro», sembrano dire dal Nazareno.
Lo sa bene chi deve decidere, Elly Schlein, non a caso silente da tempo sul caso e tenutasi ben alla larga dalle diatribe locali in Puglia, lasciando che i topi si sbranassero a vicenda nella stiva visto che la nave, comunque vada, qui segue la rotta sinistra. Lo sanno anche a destra, dove ciascun partito è pronto a mettere il suo tassello (ci proveranno anche Lega e FdI nelle trattative sul nome già indicato da Forza Italia) sapendo di andare incontro ad una probabile sconfitta. Dunque cosa resterà della telenovela nazional-popolare che vede ancora il protagonista incerto sul da farsi, i «nemici» interni sgomitare per esserci e l’avversario vero dormire sonni profondi?
La melina sui litigi a sinistra e sul fatidico nome del candidato a destra reggerà ancora o diventerà come uno di quei serial di Netflix, che cominciano avvincenti e finiscono per annoiarti? L’ultima puntata, probabilmente, i primi di settembre. Poi comincerà la «seconda stagione», quella della campagna elettorale. Chissà che, almeno allora, quel 43% di pugliesi disinteressato alla politica non decida di partecipare alla terza stagione, quella decisiva del voto. Non su una bazzeccola, sui prossimi cinque anni della regione.