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Il vertice Trump-Putin e la «lezione» di Monaco: ora l'Europa resti unita

Il vertice Trump-Putin e la «lezione» di Monaco: ora l'Europa resti unita

 
Bruno Vespa

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Bruno Vespa

Testacoda spericolati sulla pelle dell'Europa

Non sappiamo che cosa verrà fuori dal vertice di oggi in Alaska. Se Putin si accontentasse di tenersi la Crimea e la parte russofona del Donbass, andrebbe bene anche per Zelensky.

Venerdì 15 Agosto 2025, 15:37

Il 30 settembre 1938, quando a Monaco i quattro Grandi (Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia) espropriarono la Cecoslovacchia dei Sudeti, senza la presenza dell’interessato, si assistette nei quattro Paesi a scene di autentica, festosa isteria perché si era evitata la guerra. Mussolini, mediatore dell’accordo, fu acclamato a Roma come un santo e la cosa lo contrariò perché non ha mai apprezzato la tempra pacifista della nazione. In treno, Hitler gli disse: «Prima o poi la guerra a Francia e Inghilterra la faremo comunque insieme». E lui annuì. Bisogna ricordare che i Sudeti erano abitati da tre milioni e mezzo di tedeschi e solo da 150.000 cecoslovacchi. Alla fine della Prima guerra mondiale, uno dei pasticci combinati dal presidente americano Wilson fu di non riconoscere il diritto di lingua, pure a lui tanto caro, ma i confini storici. Gli anglofrancesi avevano deciso di difendere l’integrità della Cecoslovacchia con le armi e non lo fecero. Un anno dopo ne pagarono le conseguenze.

Memori di questa storia, i Paesi occidentali hanno convenuto che non ci potrà essere nessun mutamento di confini in Ucraina senza la presenza e il consenso degli ucraini. Nel 2014 Putin si prese con la forza la Crimea, abitata da russi per il 65% e una parte del Donbass abitato da russi per meno del 40%. Nel febbraio del 2022, la Russia aggredì l’Ucraina per prendersela tutta, considerando parte dell’impero, smembrato nel ‘91 alla caduta dell’Unione sovietica, con grande gioia di tanti paesi tornati finalmente liberi. In Italia sono in molti a sostenere due cose. 1. La sorte dell’Ucraina interessa gli ucraini e noi ci siamo scocciati di spendere tanti soldi per proteggere un paese lontano. 2. Nello stesso 2022, poco dopo lo scoppio della guerra, gli ucraini avrebbero potuto fare la pace e non vollero. Non è così. Nella trattativa di Istanbul gli ucraini erano pronti a mantenere una neutralità perpetua e perfino a riconoscere la presenza russa nei due territori occupati pur senza riconoscerne la sovranità. Ma ci fu una clausola che fece saltare tutto. I garanti dell’accordo (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia) si impegnavano a intervenire in caso l’Ucraina fosse stata attaccata. Ma se lo avesse fatto la Russia, avrebbe potuto porre il veto all’intervento degli altri.

Per quanto riguarda il diffuso disinteresse per le sorti dell’Ucraina, ci permettiamo di ricordare che la democrazia non è un bene gratuito e si fonda sul rispetto del diritto internazionale. La debolezza di Monaco (nonostante la Germania avesse qualche diritto morale sui Sudeti) convinse Hitler di potersi mangiare l’Europa. Glielo impedirono l’eroismo degli inglesi e l’intervento degli americani, mentre l’Italia ha pagato a lungo le conseguenze di essere un paese aggressore. Non sarà sfuggito che tra i leader che hanno partecipato al colloquio dell’altro ieri con Zelensky, c’erano la Polonia e la già neutralissima Finlandia che - insieme con i Paesi Baltici - temono fortemente la violenta espansione russa.

Non sappiamo che cosa verrà fuori dal vertice di oggi in Alaska. Se Putin si accontentasse di tenersi la Crimea e la parte russofona del Donbass, andrebbe bene anche per Zelensky. Un buon punto di avvio sarebbe comunque se Trump seguisse il consiglio datogli ieri dal New York Times: «Signor Presidente, la smetta di coccolare Putin». L’imbarazzante fuga della Nato dall’Afghanistan, convinse il nuovo zar che gli occidentali non sarebbero scesi in campo per difendere l’Ucraina. Per fortuna è avvenuto il contrario. L’Italia è stata in questo senso sempre in primissima linea. Non va dimenticato che la legittimazione internazionale di Giorgia Meloni cominciò proprio con la sua difesa dell’Ucraina, anche quando era all’opposizione. L’Europa è debole perché non ha un leader che possa decidere per tutti. Ma l’unità delle ultime ore è un buon segnale. Difendere i diritti dell’Ucraina oggi, significa difendere i nostri domani.

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