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Dopo le inchieste giudiziarie finalmente la politica cerca di riaffermare il suo primato

 
Biagio Marzo

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Biagio Marzo

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Le inchieste giudiziarie non si fermano. L’ultima novità il caso Almasri: coinvolti il sottosegretario Mantovano, il ministro dell’Interno Piantedosi e il ministro della Giustizia Nordio

Mercoledì 06 Agosto 2025, 14:15

Le inchieste giudiziarie non si fermano. L’ultima novità riguarda il caso Almasri, che vede coinvolti il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e, in un paradosso rarissimo nella storia repubblicana, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, chiamato a rispondere in prima persona di un reato.

Il caso nasce dall’arresto e successivo rimpatrio urgente di Almasri, noto anche come «l’egiziano», accusato dalla Corte penale internazionale di gravi crimini contro l’umanità compiuti in Libia dal 2015, tra cui torture e violenze sui migranti. L’arresto, avvenuto a Torino, è stato dichiarato irrituale dalla Corte d’Appello di Roma per mancata consultazione del ministro della Giustizia, portando così alla scarcerazione e alla successiva espulsione ordinata dal Viminale per ragioni di sicurezza.

La presidente Giorgia Meloni è stata invece prosciolta dalla medesima inchiesta. Coinvolgendola sarebbe successo, ulteriormente, un casus belli tra Anm e Palazzo Chigi. Di grazia, come mai la presidente del consiglio non ha messo il segreto di Stato? Autosufficienza o trascuratezza. Questo episodio si inserisce nel più ampio conflitto tra magistratura e politica, che non conosce tregua. Dopo anni in cui la politica è apparsa succube del potere giudiziario, recentemente ha riconquistato una certa autorevolezza, come dimostrano le inchieste a Milano, Pesaro e in Calabria.

A Lecce, invece, la magistratura ha ottenuto le dimissioni dell’assessore e consigliere regionale Alessandro Delli Noci. Ciò avviene nonostante l’articolo 27 della Costituzione affermi che ogni imputato è innocente fino a prova contraria, principio spesso trascurato nel dibattito pubblico. Non a caso, l’eventuale imputato ha da affrontare tre gradi di giudizio da cui potrà uscire innocente o colpevole. La tensione è aumentata ulteriormente con la discussione sulla riforma della separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante, misura osteggiata con forza dall’Associazione nazionale magistrati (Anm).

Ancor più temuta dai magistrati è l’ipotesi di eleggere per sorteggio il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), ridimensionando così il potere delle correnti interne. Queste riforme giungono anche dopo lo scandalo Palamara, che ha indebolito l’immagine pubblica della magistratura, portando alla luce pratiche che ne hanno compromesso l’autorevolezza. Tuttavia, la strada per la riforma è lunga e, dopo l’approvazione parlamentare, sarà decisivo il referendum popolare. Anche la politica sta cambiando atteggiamento rispetto alle inchieste. A Milano, il sindaco Beppe Sala ha deciso di non dimettersi nonostante le indagini, sostenuto apertamente dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, che ha assunto una posizione garantista, forse ispirata dalla cultura antigiustizialista del nonno materno, il senatore Agostino Viviani.

In contrasto netto con Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, che invece vede nel sospetto la «gesuitica anticamera» della colpevolezza e aveva richiesto le dimissioni immediate di Sala. Analoga posizione garantista è stata mantenuta dalla Schlein anche nei confronti di Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, indagato per corruzione, mentre Conte ha mostrato un atteggiamento di diffidenza e attesa. Diversa la situazione calabrese, dove il presidente Roberto Occhiuto, indagato per fatti precedenti alla sua elezione, ha scelto la via delle elezioni anticipate per evitare la paralisi amministrativa.

Questi casi segnalano chiaramente un cambiamento di paradigma: la politica cerca di riaffermare progressivamente il suo primato, riconquistando l’autorevolezza che le spetta costituzionalmente.

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