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Lo spopolamento del Sud richiede interventi immediati e profondi

 
Onofrio Introna

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Onofrio Introna

Lo spopolamento del Sud richiede interventi immediati e profondi

L’Italia invecchia, il Sud si svuota di giovane forza lavoro qualificata, le coppie di sposi non mettono al mondo figli, per tante ragioni, non ultima la difficoltà di accudirli, se mancano i mai troppo benedetti nonni

Martedì 15 Luglio 2025, 13:00

L’Italia invecchia, il Sud si svuota di giovane forza lavoro qualificata, le coppie di sposi non mettono al mondo figli, per tante ragioni, non ultima la difficoltà di accudirli, se mancano i mai troppo benedetti nonni. Se tutto va bene, siamo rovinati. Battute a parte, la situazione è drammatica e va presa “per le corna” subito, con tante idee e progetti chiari.

L'Ansa ha battuto la notizia e la nostra Gazzetta l'ha ripresta prontamente: sull'Italia si abbatte la scure bipenne del deficit demografico e dell'invecchiamento della popolazione. Aumenta la spesa pensionistica e sanitaria (ma i conti pubblici terranno, almeno quelli), mentre cala la forza lavoro e s'indebolisce la crescita potenziale.

L'estate 2025 è caldissima, eppure siamo in pieno “inverno demografico”, questione non più rimandabile, denunciata nelle 61 pagine illustrate da Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, in audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica.

Se qualcosa non cambierà, perderemo 700mila lavoratori nei prossimi cinque anni. Il calo demografico è iniziato in Italia intorno al 2014 e accelera, accompagnato dal conseguenziale incremento percentuale della popolazione in età non più lavorativa. Secondo le stime della economista e docente universitaria, entro il 2030 i giovani scenderanno al 24% tra gli italiani, con un impatto negativo sulla disponibilità di forza-lavoro e sulla produttività dell’economia nazionale.

La fotografia dell'occupazione attuale vede in età lavorativa una prevalenza di donne e uomini nati tra il 1964 e il 1975, di età compresa tra i 50 e i 61 anni e che via via usciranno dal mercato del lavoro. Facendo posto ai giovani, si dirà. No, perchè non ce ne saranno in numero sufficiente a coprire i vuoti. Il sorpasso dei pensionati sulla popolazione attiva potrebbe arrivare nel 2050.

Un'Italia stravolta: “in 5 anni 700 mila lavoratori in meno”, titola la Gazzetta del Mezzogiorno. L'Ufficio parlamentare di bilancio ha invitato il Governo ad assumere contromisure, a cominciare dall'arrivo di “immigrati qualificati”, come se non servissero nei loro Paesi, direi. Però, quello che mi preme mettere in risalto è che se il Centro Nord soffre il calo demografico, il Mezzogiorno piange anche la desertificazione dei cervelli, visto che i nostri giovani emigrano dal Sud e non da oggi, per cercare lavoro qualificato e stabile altrove, anche all'estero. Dalla foto di gruppo ideale degli Italiani, spariscono ragazzi e ragazze, ma nel Meridione si creano grandi “buchi” nella “comitiva” inquadrata.

Se il calo demografico incide dappertutto pesantemente, nel Mezzogiorno picchia con forza, malgrado la presenza di immigrati che lavorano nelle fabbriche o concorrono a vario titolo allo sforzo produttivo (in cambio, gli rendiamo difficile acquisire la cittadinanza italiana, ma questo è un altro discorso...).

Non possiamo non preoccuparci del deserto nel Sud di domani, non possiamo non farci carico del problema. La situazione diventerà sempre più grave, se non si corre ai ripari. Non c'è da sperare che possa invertirsi da sola o che si risolva con un colpo di bacchetta magica. Occorre attivare un percorso virtuoso di segno opposto al calo demografico. Governo, Istituzioni, forze politiche e sociali devono attivarsi. È un tema sul quale il Paese dovrà lottare sempre di più nei prossimi anni e non è un problema come tanti altri: è una priorità, è questione di sopravvivenza, in prospettiva.

La denatalità e la desertificazione delle comunità cittadine nel Mezzogiorno sono lo spettro di una situazione di estrema gravità. Nel Centro-Nord i figli non si fanno e i pochi in più che nascono ancora da noi ci lasciano, ma non si riesce a compensare. Anche se dal Sud si va via verso il Nord, il Paese continua a perdere pezzi, come se non avesse bisogno di tecnici, di professionisti, di laureati, di scienziati e tutto il resto. È un dissesto demografico che toglie il respiro.

Le facce di questo problema sono tante, le soluzioni potranno pure essere diverse, purchè siano rapide, però. Io ne immagino qualcuna, alla radice c'è sempre la rarefazione dei servizi collegati alla natalità. Non si andrà da nessuna parte, se non si garantisce alle giovani mamme di poter lavorare e mettere al mondo ugualmente dei bambini, perchè ci saranno asili nido, scuole dell'infanzia e scuole primarie che potranno seguirli. E se non si darà vita ad una programmazione sociale di ampio e ispirato respiro, di sostegno alla genitorialità, in tutto il Paese e a maggior ragione nel Mezzogiorno.

Nel Sud non si sposano, non fanno figli? Ecco perché c'è bisogno di un piano nazionale per i giovani, anche di abitazioni per le giovani coppie, senza abbandonare le politiche per un selettivo e ugualmente indispensabile, irrinunciabile piano nazionale per l'immigrazione.

Si faccia di tutto e si faccia presto, per evitare innanzitutto che i giovani scappino e poi li si incentivi ad avere un futuro qui e con dei figli, attraverso la politica della casa, attraverso l'occupazione a tempo indeterminato, che consente di fare altre scelte di vita, di pagare un mutuo, di contare sulla presenza di una rete di asili nido. Tutto questo, messo insieme, potrebbe consentire di fermare e ribaltare la decrescita, nel giro di un quinquennio, un decennio. Politiche sociali adeguate a frenare questa catastrofe: Italia, provvedi.

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