Domenica 07 Settembre 2025 | 10:57

Il puzzle della pace nei paesi confinanti minacciati da Putin

 
Stelio Campanale

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Stelio Campanale

Vladimir Putin

Quali ne siano i termini e le richieste di ciascuna delle parti è troppo presto per saperlo; e, alla luce di scottanti, pregresse delusioni, è difficile prevederli. In ogni caso, un grosso tema resta aperto

Venerdì 04 Luglio 2025, 13:14

L’incontro di Kiev del 10 maggio tra Starmer, Macron, Zelenski, Tusk, Merz, con il nostro Presidente del Consiglio collegata da remoto, aveva legittimato nuove speranze di pace nel conflitto russo-ucraino da discutersi ad Istanbul, con Erdogan nel ruolo di facilitatore; disattese, purtroppo, a causa della decisione di Putin di non parteciparvi direttamente, contrariamente a quanto era stato inizialmente annunciato da fonti ufficiali russe.

A differenza di quanto è accaduto sino ad oggi, però, nelle ultime ore si sono avviate interlocuzioni dirette tra Vladimir Putin e Donald Trump con l’obiettivo di individuare i termini e le condizioni su cui intavolare una trattativa per l’effettiva cessazione del conflitto russo-ucraino, in una fase di stallo della «guerra sul campo», in cui l’esercito russo sembra attualmente prevalere. Questo cambiamento di rotta da parte di Putin è, probabilmente, la conseguenza di un ripensamento nell’approccio dell’amministrazione Trump verso il conflitto, rispetto a quanto era apparso a seguito dell’imbarazzante voltafaccia del principale alleato dell’Ucraina, allorquando dichiarava “urbi et orbi” ed in maniera rude, la fine improvvisa del proprio appoggio all’Ucraina. Invece di gestire in maniera riservata il proprio mutato orientamento verso uno Stato che contando sull’appoggio di un alleato forte e temuto ha sacrificato proprie risorse e cittadini in una guerra che da solo non avrebbe mai potuto vincere; dando così nuovo impulso alle operazioni militari di un invasore che iniziava a prefigurarsi una facile vittoria, piuttosto che il rischio di vedersi impantanato in uno scontro “per procura” con la principale potenza militare del globo.

Mettendo da parte le considerazioni circa gli effetti che tale palese e pubblico voltafaccia di un alleato di così significativo rilievo potranno avere verso chiunque, governo legittimo o movimento insurrezionale, in futuro si avventuri in un conflitto o in una attività di resistenza, ritenendo di poter fare affidamento sull’appoggio degli USA che, improvvisamente e senza preavviso gli volti le spalle e l’abbandoni ad un infausto destino, torniamo sull’eventuale trattativa di pace russo-ucraina.

Quali ne siano i termini e le richieste di ciascuna delle parti è troppo presto per saperlo; e, alla luce di scottanti, pregresse delusioni, è difficile prevederli. In ogni caso, un grosso tema resta aperto. Quali siano le attese ed aspettative degli altri paesi che si sono apertamente schierati e spesi, anche con rilevante sostegno militare ed economico, a favore di Kiev; ed in particolare degli Stati che sono confinanti con la Russia e che hanno ricevuto espresse minacce da Putin a proposito della loro indipendenza o integrità territoriale.

È il caso delle Repubbliche Baltiche e della Finlandia, su tutte. Lo scorso 8 maggio il Presidente dell’Estonia, Kristen Michal, ha dichiarato espressamente di ritenere la Russia di Putin un aggressore, che minaccia i confini delle nazioni di nuova indipendenza, - nel caso di Tallin, per ora, solo con ripetuti, massicci attacchi cibernetici ai sistemi informativi nazionali, - e che il suo paese, in considerazione delle ambizioni territoriali di Vladimir Putin verso territori ex sovietici, si è apertamente schierato al fianco di Kiev fornendo aiuti militari ed economici ben oltre quanto hanno fatto altri sostenitori dell’Ucraina, aggiungendo che il suo paese, membro NATO dal 1994, ha avviato una importante politica di rafforzamento delle proprie forze armate. Lo scorso 10 maggio, ad Helsinki in presenza di rappresentanti consolari ed organizzazioni di vari paesi, il Primo Ministro finlandese, Petteri Orpo, ha richiamato l’aggressione all’Ucraina e lo stato di tensione nell’area causato dalla politica aggressiva di Putin manifestatasi anche attraverso sue interviste in cui ha dichiarato essere stato un errore del governo bolscevico l’aver concesso nel 1917, con un atto che riporta tra gli altri la firma di Lenin e Stalin, l’indipendenza alla Finlandia, parte dell’impero russo. Le minacce dell’ingombrante, quanto imprevedibile vicino, ha comportato la scelta del suo paese, come anche della Svezia, entrambi tradizionalmente e dichiaratamente neutrali, di aderire nel 2023 alla NATO, quale organizzazione difensiva in caso di aggressione russa, e di investire il 3% del proprio PIL entro il 2029 per l’ammodernamento delle proprie forze armate e l’aumento dell’equipaggiamento militare. Ed anche l’esecutivo svedese, guidato da Ulf Kristersson, entrato formalmente nella NATO nel gennaio 2024, ha annunciato di recente l’aumento delle proprie spese per la difesa al 3,5% del PIL entro il 2030. Opinione analoga si coglie nelle dichiarazioni del Commissario Europeo alla difesa, il lituano Andrius Kubilius, rese il 15 maggio scorso, il quale a margine della riunione “E5” dei Ministri della Difesa di Francia, Germania, Italia, Polonia e Regno Unito ha parlato di un approccio da “big bang” nella preparazione alla difesa dell’UE, che impone un’azione molto urgente.

Ogni accordo di pace tra Russia ed Ucraina, quindi, non potrà non tener conto di questa situazione di insicurezza e sfiducia creatasi nei paesi confinanti con la Russia, ai quali Putin dovrà dare effettive e credibili garanzie di pace e stabilità, al fine di impedire il riemergere di una tendenza verso il “si vis pacem para bellum” ed una corsa al riarmo che l’Europa aveva, finalmente e per qualche decennio, dimenticato.

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