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La destra pugliese? Così fallisce chi «taglia» le radici

 
pierfranco bruni

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pierfranco bruni

Consiglio Regionale Puglia, protesta su ddl omotransfobia: «Stop discrminazioni»

(foto Luca Turi)

Mercoledì 11 Giugno 2025, 13:16

Certo. La destra a Taranto non esiste. Non incide. Non solo a Taranto città. Ma in tutta la provincia e forse nell’intera regione Puglia. Bisogna pur chiedersi il motivo. Individuare le cause, percepire lo status antropologico, il dato politico.

Come è possibile perdere in una realtà in cui il centrosinistra sul piano amministrativo era scivolato proprio sulla municipalità, la quale ha sì una tradizione di sinistra ma anche delle stagioni in cui il centrodestra ha governato e ha governato bene sia la città che l’amministrazione provinciale in una fase ricca di un processo denso e significante di progetti e attività. Un dilemma che dovrebbe far riflettere e chiaramente obbligare un cambiamento. Insomma la destra in Puglia non si sente, non si avverte, non viene ascoltata.

Dice bene il direttore Mimmo Mazza nella sua analisi del suo editoriale. Il fatto è che dai tempi di Pinuccio Tatarella, si è parlato spesso anzi troppo, che non c’è un progetto politico articolato di destra all’interno dei vari settori e soprattutto in una visione che ponga al centro la territorialità di una idea di polo unificante tra la centralità del mondo culturale, il mondo cattolico, e le espressioni di una società di cittadinanza ampia.

Non si può guardare a una città come Taranto come se fosse soltanto una passerella il cui senso del progetto è mancante. Bisogna convincere e avere la consapevolezza che la politica va oltre le stesse persone senza attraversare la rappresentatività. Le sfide perse sono sfide mancate. Ciò vale per tutto il centrodestra. La motivazione del non aver fatto coalizione sin dal primo turno è stato molto distraente e ha scavato un fosso nell’elettorato. I personalismi non pagano. Quando si annusa soltanto che la partita può essere non coinvolgere bisogna cambiare strategia. Infatti è quella che è mancata. È ciò che manca in tutta la Puglia. Nel lontano 1995, quando al Governo c’erano le sinistre, la Puglia era il vero laboratorio della destra che univa, che legava, che creava empatie. In quegli anni soprattutto Alleanza Nazionale ha avuto un ruolo di primaria importanza tanto che ha inglobato visioni eterogenee in un unico progetto.

È come se quella esperienza non contasse. È come se quegli anni non abbiano insegnato nulla e lasciato nulla proprio in quella strategia di andare oltre il Polo. Chi ha vissuto quegli anni lo sa bene. Dietro a quella idea c’era però una partecipazione politica che nasceva dalla cultura e dalla professionalità politica erede dal Msi, per la destra, della Democrazia cristiana di destra e tradizionalista, dalla linea riformista e socialista, dal contesto liberale e anche repubblicano.

Oggi sembra di essersi ancorati in un presente senza tradizione. Taranto doveva rappresentare il tessuto unificante dal quale partire per le prossime elezioni regionali e amministrative.

Insomma guardo a tutto il contesto con molta perplessità. Siamo a trent’anni da quel sorridente 1995. Sono cambiate generazioni. Siamo invecchiati. È mutato un contesto. Ma è mai possibile che non sia rimasto nulla?

Siamo in una politica regionale di destra confusionaria e non facile da organizzare se non vengano azzerate le incomprensioni.

Bisogna saper lavorare ritornando a una antica tradizione e alle esperienze consolidate senza scivolare nelle improvvisazioni.

Sarà capace la classe dirigente che gestisce oggi il centro destra? Staremo a vedere. Non dimenticare quel 1995 sarebbe non soltanto utile ma anche necessario. La destra in una temperie nuova deve trovare l’armonia e la bellezza di trent’anni fa.

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