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Nell’Europa dei veleni è tempo di abbandonare il voto all’unanimità

 
biagio marzo

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biagio marzo

Nell’Europa dei veleni è tempo di abbandonare il voto all’unanimità

Un panorama non del tutto esaltante, che nasconde una crisi di fondo dell’UE: troppe divisioni al proprio interno per via del sovranismo e populismo e mancanza di leadership forti con visioni

Domenica 01 Dicembre 2024, 13:23

Ursula Von der Leyen è partita con il piede sinistro al momento della sua elezione a presidente della commissione Ue ed è arrivata con il piede destro all’atto del voto del collegio dei commissari. Tra una votazione e l’altra non è andata bene, tant’è che la Commissione è stata eletta per il rotto della cuffia.

Il governo europeo è stato colpito dal fuoco amico, per una serie di fattori tra i quali lo spostamento del baricentro a destra dell’elezione della Commissione. Sono prevalsi preconcetti ideologici e politici, opportunismi di basso conio e calcoli elettorali come nel caso della Spd, dove Scholz ha dato ordine agli europarlamentari di astenersi sul voto alla commissione, sperando così di poter frenare il suo declino politico. Sul fronte politico all’interno dei popolari si sono nascosti dei franchi tiratori: molti spagnoli contrari all’elezione della socialista Ribera alla vice presidenza esecutiva con delega alla transizione verde e alla concorrenza.

A ben vedere, la presidente VdL e il capogruppo Ppe Weber hanno capito che soffia in Europa e nell’intero Mondo un vento di destra e da qui l’apertura verso la destra moderata di governo, nella fattispecie Giorgia Meloni, con la quale hanno costruito un rapporto privilegiato. Guarda caso, non hanno ceduto di un metro alle richieste del Pse e hanno chiuso i rapporti nei confronti dei patrioti di Orban, Le Pen e Salvini. In questo quadro, si colloca l’elezione di vicepresidente esecutivo di Raffaele Fitto la cui performance come europarlamentare e come ministro del governo italiano ha avuto degli endorsement e dei riconoscimenti da personaggi inaspettati: dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella e dagli ex Presidenti del consiglio, Romano Prodi e Mario Monti, per fare, solamente, tre nomi di grande prestigio.

Piaccia o no, il merito maggiore va comunque riconosciuto alla presidente Giorgia Meloni, per aver ordito la trama vincente, quando in molti la davano perdente. Anche l’opposizione italiana ha dimostrato i suoi forti limiti politici, così come, del resto, la maggioranza di governo. Nel campo di Agramante, l’euro-gruppo del Partito democratico ha votato Raffaele Fitto, e fanno eccezione, Marco Tarquinio e Cecilia Strada, che hanno votato contro. Il M5s di Giuseppe Conte e Avs della coppia Fratoianni e Bonelli hanno votato contro, confondendosi con i Patrioti e gli estremisti di destra. Nel campo della maggioranza di governo: FdI di Giorgia Meloni e Forza Italia di Antonio Tajani a favore di Raffaele Fitto, invece, la Lega di Matteo Salvini contro, con un ipocrita distinguo: nulla quaestio nei confronti del parlamentare di Maglie, ma opposizione all’Ue sulla frequenza - come visto - dei Patrioti di Orban.

Un panorama, non del tutto esaltante, che nasconde una crisi di fondo dell’Unione europea: troppe divisioni al proprio interno per via del sovranismo e populismo e mancanza di leadership forti con visioni.

Il problema dei problemi dell’Ue è il voto all’unanimità su ogni provvedimento degli Stati facenti parte, di conseguenza, chiunque può bloccare l’attività dell’Ue.

Nello specifico, l’unanimità, che prevede l’accordo da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione europea, costituisce una delle regole, di voto vigenti nel Consiglio. Il Consiglio deve votare all’unanimità una serie di settori strategici che gli Stati membri ritengono sensibili. Regole superate dal contesto attuale che creano inciampi continui senza risolvere i problemi. Adesso si aspetta l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca per capire le sue mosse sull’Ucraina, intanto, con le sue divisioni interne l’Ue si è posizionata nella difesa di Kiev, che è la difesa dell’Occidente.

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