Di particolare interesse criminogenetico è l’omicidio e tentato suicidio accaduto in pieno centro di Matera, dove un uomo di 77 anni ha ucciso la moglie di 69 anni, affetta da Alzheimer, e poi ha provato a togliersi la vita.
L’episodio si inserisce nel filone criminologico frequente e grave della morte, del rimedio estremo che pone fine ad una vita considerata ormai inutile, piena solo di patimenti e priva di ogni significato. Che cosa può aver spinto il settantasettenne ad ammazzare la moglie? ll gesto omicida normalmente nasconde una bouffeè ansiosa, tipica di una persona che ha perso ogni capacità di esaminare il reale e di interpretarlo nella giusta misura. Ciò che circonda questo soggetto è solo tormento e nel suo animo aumentano le sensazioni di rovina e di colpa. Quel senso d’impotenza e d’inutilità che pervade l’animo malinconico e delirante ingenera una visione pessimistica, coinvolge le persone più care e induce a realizzare il tipico omicidio-suicidio, l’uccisione di persone cui si è fortemente legate sentimentalmente.
Nel nostro caso, non accettando che la persona amata vivesse in una prospettiva fatta solo di dolore e di inutilità, la sottrae all’angoscia di un’esistenza grama e senza alcuna nuova speranza per la malattia in cui versa. Il suo è un estremo atto d’amore, allo scopo di risparmiare alla vittima una vita di tribolazioni e di inefficacia e proteggerla con la morte da uno stato di infelicità, in cui si nasconde un senso di colpa, frustrazione e vergogna.
Per arrivare a questo stadio, per trasformarsi in un silente giustiziere del male, con un’apparente insensibilità emotiva e psichica, si prepara all’atto di morte, che compirà in maniera eclatante. Vive queste decisioni con idee ossessive e senza aspettative, non è più in grado di proiettarsi nel futuro e subisce un presente doloroso e senza alternative; ogni rapporto con il passato e con i familiari è reciso e tutto appare senza via d’uscita. Lo stato di depressione in cui sicuramente vive lo porta ad avere sensi di colpa, a sentirsi responsabile senza una ragione precisa dell’angoscia che lo investe, a rendersi conto di non poter più incidere sulla vita di chi gli sta vicino, a essere preso da impulsi autodistruttivi. Si depersonalizza in senso altruistico, ritiene di essere un peso non solo per se stesso, ma anche per la famiglia e per gli «altri».
Nel progettare la morte del coniuge, l’omicida già pensa di suicidarsi, anche se alla fine non vi riesce. Nel caso in esame la criminodinamica non è contrassegnata da una premeditata e delirante preparazione, ma probabilmente da un’occasione, utilizzata come pretesto per tentare di «uscire di scena», in punta di piedi, defilato e senza dare fastidio a nessuno, con un modus operandi tipico di una persona anziana, sensibile, alla quale non è rimasto più nulla nella vita.