Sabato 06 Settembre 2025 | 09:08

Da Riondino a Diodato ecco i formidabili 40enni della «generazione Laf»

 
Danilo Lupo

Reporter:

Danilo Lupo

Da Riondino a Diodato ecco i formidabili 40enni della «generazione Laf»

A essere premiata sul palco dei David di Donatello, l’altra sera, c’era ovviamente e soprattutto un’opera e i suoi interpreti. Ma in qualche modo anche una generazione

Domenica 05 Maggio 2024, 16:22

17:03

Michele Riondino, regista e interprete di Palazzina Laf, è nato nel 1979. Antonio Diodato, che per quel film ha composto e interpretato il brano La mia terra, è nato nel 1981. Non sono gli unici quarantenni cresciuti a Taranto che spiccano in Italia. È del 1979 la giornalista e conduttrice televisiva Valentina Petrini. Del 1977 anche Alessandro Leogrande, che era già uno dei più importanti intellettuali italiani al momento della sua morte, ad appena quarant’anni. Ed è del 1977 anche lo scrittore premio Strega Mario Desiati, figura un po’ più laterale in questo quadro.

A essere premiata sul palco dei David di Donatello, l’altra sera, c’era ovviamente e soprattutto un’opera, Palazzina Laf, e i suoi interpreti. Ma in qualche modo c’era anche una generazione a cui noi, più o meno quarantenni cresciuti nella stessa terra di Puglia, abbiamo guardato prima con curiosità, poi con rispetto, infine con ammirazione. Perché Riondino, Diodato, Petrini, Desiati sono quelli che hanno sfondato in maniera più evidente, che hanno vinto i premi più importanti e guadagnato i palcoscenici più prestigiosi. Ma sono solo i fenomeni più visibili di una generazione cresciuta a Taranto che è molto più vasta: per ciascun campo si potrebbero citare altri artisti, altri giornalisti, altri scrittori della stessa età e della stessa provenienza geografica.

D’altronde è la stessa generazione che ha costruito quella cosa unica nel panorama nazionale che è il concerto dell’«Uno Maggio Libero e Pensante», che è al tempo stesso manifesto politico, evento musicale e spazio informativo. Una produzione indipendente così complessa, che è evidentemente figlia di uno sforzo collettivo e non dello sfizio di qualche star che ce l’ha fatta. Quella dei quarantenni tarantini è una generazione anche perché ha in comune l’orientamento culturale, che guarda a sinistra ma con atteggiamento di forte diffidenza rispetto alle realtà della sinistra istituzionale. Perché condivide grosso modo la familiarità, anche solo in senso ideale, con la classe operaia della città siderurgica. E perché si pone l’obiettivo di superare la parentesi industriale che nella storia millenaria di Taranto dura da poco più di sessant’anni.

Certo, chi è tarantino e osserva questi fenomeni da vicino vedrà meglio di noi le imperfezioni, le difficoltà, le vanità e i compromessi che sicuramente attraversano quei quarantenni e ciò che stanno costruendo. Ma per gli altri pugliesi che osservano il quadro d’insieme, la lezione che viene da quella che per molti versi è ancora una città-stato, concentrata su sé stessa e spesso indifferente al resto della regione, è formidabile. È la lezione di una generazione che coopera e che si dà forza in un orizzonte collettivo che non è solo il percorso e la carriera di ciascuno dei suoi componenti. A Lecce e a Bari i quarantenni sembrano seguire quell’antico proverbio romano che diceva «meglio essere primo in un villaggio che secondo a Roma», giocando cioè a fregarsi l’un l’altro, per svettare di un palmo rispetto all’ex compagno di banco. A Taranto la «generazione Laf» ha guardato oltre le gelosie da cortile; e oggi, rovesciando il proverbio, è riuscita a essere prima a Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)