Al pensatore resti anche consentito di poter pensare, sia pure in eccezione, l'errore suo stesso, quanto meno a convalida della relatività dell'umano esistere.
Si tratta del rinvio a giudizio di Luciano Canfora, aquila della cultura mediterranea e mondiale, attendendo il prossimo ottobre per l'epilogo sentenziale. Però questi mesi che ce ne distanziano possono suggerire un opportuno loro utilizzo per serene riflessioni favorenti conclusioni alternative.
Intanto, è sicuramente provvidenziale che la presa in considerazione della soluzione tecnica risulti differita a dopo le scorribande elettoralistiche dei vicini tempi brevi. In questo modo Luciano Canfora viene almeno esonerato dall'involontario coinvolgimento in una complessa campagna elettorale tra agguerrite forze contrapposte.
Intanto, «La Gazzetta del Mezzogiorno», fedelissima alla sua più che secolare missione informativa, proprio in questi giorni ha reso visiva e fruibile la figurazione umana e culturale di Canfora alle prese con le regole della società civile.
Foto e testo richiamano memorie storiche e riferimenti scolastici che mostrano la dignità di una smisurata Cultura sorretta dal bastone, pronta a rendere conto.
Si eviti comunque di socratizzare Luciano Canfora. A Socrate la sua storia civile impedì la differenza e l'altitudine. Ma l'apologia superò l'evento.
Le valutazioni verbose sulla persona di Giorgia Meloni io non le condivido e credo che neppure Canfora le riconosca assolutizzate nell'assertismo definitorio. Però, di fronte a tanto Personaggio che ha fatto assai crescere la cultura nostra e degli altri può intervenire un gesto dialogante di saggio civismo che porti più vera giustizia.
La Gazzetta, operosa propiziatrice da oltre 137 anni del progresso del Sud, sia ora mediatrice efficace nel favorire l'incontro degli opposti.
Non è necessario che un nuovo Platone scriva l'apologia. Alla cultura e al governo sicuramente giova la pace.