L’iniziativa del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi di avviare l’iter di accesso ispettivo nei confronti del Comune di Bari, finalizzato alla valutazione dell’esistenza dei presupposti per l’eventuale scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose ha fatto scattare la durissima replica del Sindaco di Bari Antonio Decaro, mediante nota diffusa sui social media, non appena appresa la notizia.
È allora il caso di provare a ragionare su quali siano gli elementi giuridici che sottostanno a tale iniziativa ministeriale.
La misura di prevenzione di cui all’art. 143 della Legge n. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali) – che prevede appunto lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione mafiosa – è uno strumento che riveste carattere di assoluta straordinarietà, volto a prevenire i più gravi casi di asservimento della cosa pubblica alle organizzazioni criminali. Un esempio lampante sull’eccezionalità della misura è dato dal Comune di Roma, in relazione al quale le ricostruzioni investigative condotte dalla Procura della Repubblica avevano assunto una portata tale da far definire la vicenda “Mafia Capitale”. Neppure in quel caso, all’esito delle verifiche effettuate, si giunse allo scioglimento del consiglio comunale, in ragione della discontinuità tra l’amministrazione coinvolta nell’inchiesta e quella (all’epoca) in carica. E, d’altronde, ad oggi lo strumento non risulta essere stato mai utilizzato nei confronti di una Città Metropolitana. Proprio con riferimento all’ambito operativo della norma, si è sviluppata copiosa giurisprudenza, che ha delineato una casistica degli eventi che, ove accertati all’esito degli accertamenti prefettizi, giustificano il ricorso a tale misura.
Il principio di carattere generale è che l’esercizio del potere straordinario di scioglimento del consiglio comunale è giustificato soltanto da circostanze eccezionali: un collegamento o un condizionamento dell’amministrazione rispetto all’attività della criminalità organizzata che compromettano il regolare funzionamento del consiglio, che non risulti più in grado determinarsi liberamente, o che comporti un grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. A tal proposito, ha sottolineato la Corte Costituzionale che l’esercizio dello straordinario potere di scioglimento si giustifica “solo in presenza di situazioni che rendano pregiudizievole per la comunità il permanere di quegli organi alla guida dell’ente” (Corte Cost. n. 103/1993).
Sempre secondo la Corte Costituzionale, quella in esame è una misura che si caratterizza per un evidente effetto preventivo, in quanto ha lo scopo di “sottrarre” l’ente locale “all’influenza della criminalità organizzata” (Corte Cost. n. 103/1993). Sulla scorta di questi principi, emerge una prima anomalia del provvedimento del Ministero dell’Interno di avviare l’iter accertativo della sussistenza di elementi che possano, in ipotesi, giustificare il provvedimento di scioglimento del Comune di Bari: è circostanza nota che tra circa due mesi, si terranno le elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale e per l’elezione del sindaco.
Il provvedimento ministeriale, dunque, sembra non rispondere a quella esigenza preventiva di sottrazione dell’attuale consiglio all’eventuale influenza mafiosa, ed anzi si mostra intempestiva e fine a sé stessa, posto che l’organo di amministrazione verrebbe comunque sciolto nei prossimi mesi, per via delle regolari elezioni.
D’altronde, come ricordato dalla giurisprudenza, lo scioglimento del Comune è funzionale ad evitare che la criminalità possa giovarsi “della esistenza e della vita degli enti comunali” (T.A.R. Lazio, n. 12935/2020) e, in quanto strumento a carattere eccezionale, deve essere utilizzato quando non vi siano altre possibilità di intervento. Nel caso del Comune di Bari, invece, le prossime elezioni costituiscono lo strumento naturale per lo scioglimento del consiglio comunale.
Inoltre, il provvedimento adottato dal Ministero dell’Interno nei confronti del Comune di Bari desta perplessità anche in riferimento agli elementi sulla base dei quali esso si giustificherebbe.
Si consideri, infatti, che lo scioglimento di un Comune si basa sull’esistenza di elementi “concreti, univoci e rilevanti” da cui possa evincersi l’assoggettamento dell’amministrazione alla criminalità organizzata. A tal riguardo, sottolinea la giurisprudenza che non bisogna effettuare un’analisi “atomistica” di singoli episodi, bensì una “valutazione complessiva del coacervo di elementi acquisiti che esprimano, con adeguato grado di certezza”, l’esistenza di una situazione di “condizionamento e di ingerenza nella gestione dell’ente” (Cons. Stato, Sez. VI, n. 1547/2011, Cons. Stato, sez. III, n.1919/2019).
Ciò che deve risultare ai fini dello scioglimento del Comune, dunque, è una situazione di “soggezione degli amministratori e/o dipendenti alla criminalità organizzata”, perché ciò che in ultima giustifica la misura straordinaria è “la precaria condizione di funzionalità dell'ente in conseguenza del condizionamento criminale” (T.A.R. Lazio, sez. I, n.1727/2022).
In estrema sintesi, ciò che la legge richiede è “un contesto generale di diffusa illegalità, connotato da reiterati e pesanti condizionamenti sull’amministrazione comunale da parte dei clan malavitosi”; condizionamenti che si mostrino a tal punto ripetuti da generare “una diffusa prassi d'illegalità alla base delle scelte politiche” (T.A.R. Lazio, sez. I, n. 1727/2021), con la conseguenza che “la cura dell’interesse pubblico derivante dal mandato conferito agli amministratori risulti del tutto omessa” (Cons. Stato, Sez. III, n. 3340/2014).
Non si comprende come simili elementi possano ritenersi esistenti nel caso di specie, considerando anche le parole espresse dal Procuratore Distrettuale Antimafia che ha pubblicamente apprezzato l’operato dell’amministrazione comunale di Bari in risposta alla criminalità organizzata.
In conclusione, il provvedimento adottato dal Ministero dell’Interno risulta travalicare i confini di operatività dell’art. 143 TUEL, sia in relazione alla finalità dello strumento, che si caratterizza per una finalità preventiva e di urgenza del tutto vanificata nel caso di specie dalle imminenti elezioni amministrative, sia in relazione agli elementi che giustificano in astratto lo scioglimento dei consigli comunali, legati a situazioni di estrema radicazione dell’influenza mafiosa nell’operato dell’ente locale, ben distanti da quelli che si rinvengono oggi a Bari.
Sia consentita un’ultima valutazione, non prettamente tecnica, ma che comunque si rifà ai nostri principi costituzionali.
Considerando che gli accertamenti richiesti dal Ministero dell’interno andrebbero inevitabilmente a concludersi oltre la data fissata per le elezioni amministrative e, dunque, a consiglio comunale già scaduto, l’auspicio di tutti è che il provvedimento ministeriale non costituisca uno strumento improprio per condurre una battaglia politica.
Questo perché a prescindere dalle diverse posizioni in campo, ciò che deve sempre prevalere, per il pieno rispetto della costituzione, è un impegno verso la leale collaborazione di tutte le istituzioni democratiche.