È storia, il Presidente Berlusconi votò, nel 2011, a favore del MES, di cui non sapeva granché, tranne che fosse un’ istituzione «salvastati». A quell’epoca, si credeva ancora nel principio di solidarietà tra gli Stati dell’UE, e, quindi, in una torta che non appariva assolutamente avvelenata.
Va anche detto che l’ Italia soffriva, fin da allora, di «complesso di inferiorità», per l’ enorme debito pubblico, tant’è che nel 2007, la stampa economica anglosassone defini l’ Italia, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, Paesi PIGS, paesi porcellino, per la loro debolezza economica. Quanto scritto fa parte del passato e non rileva ai fini dell’odierna situazione. Piuttosto, prima di esaminare l’ attuale quaestio, va ricordato il caso della Grecia che ha fatto spalancare gli occhi sul MES, in quanto le sue risorse finanziarie, girate alla stessa Grecia, invece di andare a «guarire» la crisi delle pensioni, sono state girate alle banche francesi e tedesche che avevano speculato sui remunerativi bond greci. Tanto premesso, l'attuale situazione non riguarda il vecchio Trattato, ma si riferisce alle proposte di modifica che si era cercato di introdurre, dopo la raggiunta, ma mai dichiarata, consapevolezza di aver creato «un mostro». Ciò quando Berlusconi era ancora Presidente del Consiglio dei Ministri.
Passano gli anni, e le decisioni sulla riforma del MES furono finalmente prese prese dall’Eurogruppo (l’organismo che riunisce i ministri dell’Economia dei Paesi dell’Unione) alla fine del 2019, dopo due anni di trattativa. Le decisioni erano integrate da una bozza delle linee guida, concordata con i Capi di Stato e di Governo, il 4 dicembre 2018, sulla base di un progetto realizzato dalla Commissione europea e condiviso dall’Eurogruppo.
Ne discende che la riforma, burocraticamente complessa, del «nuovo» MES, si era sviluppata sotto l’egida del Conte I, prima, e del Conte II, in seguito. L’elaborazione completa e definitiva della proposta porta la data del 13 giugno 2019. Data in cui l’Eurogruppo, preso atto dell’accordo raggiunto tra i vari Paesi, delegava la questione all’Euro Vertice del 21 giugno. L’ Euro Vertice, esaminato il progetto, dava semaforo verde a continuare. Ciò consentiva all’Eurogruppo del 4 dicembre di esaminare i nodi ancora non sciolti per sottoporli nuovamente al vertice del 13 dicembre. Il vertice approvava le soluzioni sui nodi, così garantendosi l’approvazione definitiva, prevista per il Vertice del 16 marzo 2020.
Ma quella data fu cancellata per colpa del Covid. Tutto fu rinviato al 30 novembre 2020 per varare la stesura definitiva del nuovo Trattato da sottoporre alla firma dei rappresentanti dei Governi.
Come si vede, l’iter burocratico rappresentato, prova che Giuseppe Conte aveva avuto tutto il tempo per dire quel «NO» alle intricate manovre di riforma del MES, un «NO», obbligato e doveroso, a tutela dell’Italia. Inoltre, il 30 novembre, il suo Ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, aveva illustrato alle Commissioni riunite di Camera e Senato un’informativa dettagliata sull’intera vicenda, nella quale rappresentava tutti i momenti del percorso riformatore. Concludendo il suo intervento, dichiarava il suo giudizio positivo sulla riforma, comunicando che «la firma dell’Accordo di modifica del Mes sarebbe stata apposta il 27 gennaio». Tra l’altro, quella data rappresentava l’ultima occasione in cui il Presidente del consiglio avrebbe potuto rendere formale il suo «NO» al MES.
Nella documentazione ufficiale dell’ Unione Europea, che raccoglie gli atti del Mes dalla sua nascita ad oggi, non esiste traccia di opposizioni da parte del Governo italiano.
Al contrario, il summit dell’ 11 Gennaio 2021, approvò, in un giulivo clima di unanimità, le proposte dell’Eurogruppo, da sottoporre, in un secondo momento, alla ratifica parlamentare da parte degli Stati membri. Il giorno prima, infatti, Maurizio Massari, il rappresentante permanente per l’Italia a Bruxelles, aveva inviato alla sede del Ministero degli esteri, a Roma, una nota in cui si ricordava che il 27 gennaio si sarebbe dovuto procedere alla firma del nuovo Trattato. Chiedeva, pertanto, di essere autorizzato a compiere la missione, cioè ad apporre l’importante firma. Sta di fatto che quella richiesta era stata inoltrata il giorno prima che l’Euro Summit si riunisse. Prova ineccepibile che quella decisione, grazie anche all’assenso italiano, espresso per facta concludentia, era più che scontata.
E che, di conseguenza, l’approvazione formale del nuovo Trattato si riduceva ad essere un semplice pro-forma. Ma, ora, la vicenda si tinge di «giallo»: l’autorizzazione fu data, con un fax, solo il 20 gennaio.
Inspiegabilmente, quasi dieci giorni dopo la richiesta di Massari. Ovvero, allorquando il Ministro degli esteri, Luigi Di Maio e il Premier Conte erano in piena confusione mentale e in carica solo per l’espletamento dell’ordinaria amministrazione. Infatti, lo stesso 11 gennaio, Matteo Renzi, uscendo dalla maggioranza di governo, aveva aperto la crisi che, nei giorni successivi, avrebbe portato alla fine del Conte II. Nonostante ciò, Massari fu autorizzato a firmare senza ratifica del Parlamento. La confezione della torta avvelenata da regalare all’Italia era pronta da servire anche con candeline accese.