Nicola Binetto è l’immaginario senatore interpretato da Lino Banfi in Quo vado?, l’esilarante film campione d’incassi del 2016 diretto da Gennaro Nunziante, con Checco Zalone. Quest’ultimo definisce «angelo custode» il politico che gli ha sistemato il padre al comune, lo zio alla regione e lui stesso alla provincia. Un ente che sta per essere smantellato, eliminando così il «posto fisso», al quale il protagonista della vicenda ha votato l’esistenza. Sarà Binetto, sebbene «rottamato», a guidarlo nel percorso astuto e rocambolesco che gli permetterà di sfuggire alle tenaglie della Dottoressa Sironi (Sonia Bergamasco), spietata esecutrice del programma di snellimento del pubblico impiego varato dal Ministro Magnu (Ninni Bruschetta).
E se il Sud avesse davvero bisogno di angeli come il senatore, al posto di alchimie fallimentari e soprattutto di una parodia di efficientismo ispirato alle democrazie avanzate, che invece arretrano per i freni delle crisi economiche cronicizzate, delle guerre per procura e dell’instabilità sociale? Non è di sicuro l’elogio della raccomandazione, del nepotismo e del «familismo amorale», denunciato quasi settanta anni fa dal sociologo inglese Edward C. Banfield nel saggio Le basi morali di una società arretrata, tradotto in Italia nel 1976. No. Qui si vogliono riesaminare la strategia e il machiavellismo di una classe dirigente cancellata insieme alla prima repubblica, che lo stesso Checco Zalone satireggia con la canzone finale della pellicola.
Scriveva Francesco De Sanctis: «I semidei, gli eroi, i santi non sono altro che l’espressione storica meno lontana dall’ideale». Ora, si pensi alla forza propulsiva di cui hanno beneficiato territori meridionali che hanno espresso numi tutelari quali il Ciriaco De Mita di Nusco, il Clemente Mastella di Ceppaloni, l’Emilio Colombo di Potenza, il Remo Gaspari di Gissi. Non figure olimpiche, bensì omologhe alla gente che li sosteneva. Si fa presto ad evocare controversie e vicissitudini che ne hanno accompagnato l’arco biografico all’interno della storia nazionale. Per loro c’è un’altra considerazione da fare. Se la molla dell’interesse per il territorio stava nel consenso elettorale, i risultati andavano molto oltre. Sviluppo, infrastrutture e benessere hanno liberato certe aree di queste latitudini dal degrado e dalla criminalità organizzata, che si nutre della precarietà, della sottomissione, della miseria. L’entroterra irpino, per esempio, è pressoché immunizzato dalla prospiciente camorra. La Basilicata conosce da decenni un nuovo rinascimento, fondato anche sulle riserve energetiche. La Matera dei Sassi è stata capitale della cultura. L’Abruzzo di zio Remo è un susseguirsi di agriturismi e resort.
Se si vuole sfociare nel paradosso, questi angeli custodi in fondo hanno precorso il federalismo tanto vaneggiato dai leghisti, che in realtà consiste nel Nord che egoisticamente vuole pensare solo a se stesso. Si vedano i dubbi sollevati dall’autonomia differenziata, contro la quale i vertici governativi del Sud non hanno opposto efficaci contromisure e di fatto penalizzerà le regioni meno attrezzate per inglobarla.
Sempre De Sanctis affermava: «Quando i tempi nuovi compariscono in un lontano orizzonte, la prima forma che li preannunzia, è l’ironia. Che cos’è l’ironia? È il sentimento della realtà, che si mette dirimpetto quel mondo già tanto venerato, e ride».
Allora l’ironia di Checco Zalone, con il suo salvifico Senatore Binetto che gli fa da angelo custode può stimolare il pensiero critico. L’ideale sarebbe un modello civile in cui non vi sia la necessità di scorciatoie, dove tutto viene assicurato come un normale diritto. Ma, fra le altre cose, l’Italia è un «Paese troppo lungo», nella visione degli arabi che vi sbarcavano. Ai simulacri di Alberto da Giussano si contrappone il mezzobusto del Senatore Binetto che campeggia su un muro in Quo vado?
Gli angeli risolvono i problemi nell’immediato, senza passare per mediazioni, campi larghi e, illo tempore, girotondi.