Ci sono date che scrivono la storia dell’Unione europea. Giornate che raccontano quanto e come il progetto sempre in divenire dell’Ue sia stato vergato con diverse narrazioni.
E allora se è vero come è vero che il 9 Maggio - festa dell’Unione europea a seguito della firma della Dichiarazione Schuman del 1950 - è «giornata rossa» nel calendario dell’Ue, quella odierna, 8 Agosto, ribaltata nel corso del tempo nel lontano 1956 - ma non troppo -, rappresenta un sacrificio umano che non deve essere dimenticato.
Un punto fermo dal quale trarre ispirazione per fortificare il progetto voluto dai padri fondatori come Altiero Spinelli, estensore con altri del Manifesto di Ventotene (con sangue pugliese nelle vene alla luce della circostanza che suo nonno Alessandro nacque a Barletta nel 1842).
E allora è più che opportuno che la morte dei 256 minatori, 136 dei quali italiani, nelle miniere Bois du Cazier poco fuori la cittadina belga di Marcinelle, continui ad essere un monito a tutte le forze politiche per impegnarsi con attenzione nella galassia non dorata delle politiche di sicurezza sul lavoro non dimenticando una riflessione sulle condizioni di vita che hanno dovuto sopportare gli italiani che immigrarono.
Una pagina di storia che fa da cornice alla tragedia per antonomasia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra. Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore.
Chi scrive ha sempre vivo il ricordo del volto sofferente del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che - durante una visita di Stato in Belgio il 17 ottobre del 2002 - commosso incontrando le vedove a Boiz de Casier elevò a rango di padri fondatori dell’Europa i loro mariti. Quello che avvenne in Belgio rimane ancora una delle più gravi tragedie minerarie della storia. Tutto questo a seguito di un incendio causato - come rivelato da Focus Cultura Storia - per un malinteso sui tempi di avvio degli ascensori.
A quel punto i poveri minatori intrappolati nelle viscere della terra non poterono salvarsi per le gravissime ustioni e dal fumo e gas tossici. Tutto questo alle 8 e 10 quando le scintille causate dal corto circuito fecero incendiare 800 litri di olio in polvere e le strutture in legno del pozzo.
L’incendio si estese alle gallerie superiori, mentre sotto, a 1.035 metri sottoterra, i minatori venivano soffocati dal fumo. Solo sette operai riuscirono a risalire. In totale si salvarono in 12.
E allora perché non rendere Marcinelle, vero e proprio «santuario dell’Unione europea» oggi patrimonio Unesco, un luogo dal quale prendere spunto per creare una diversa coscienza europea?
Perché non portare i ragazzi in vista di istruzione in quel luogo? Se avvenisse si colmerebbe e quella mancanza di conoscenza in merito alle tematiche europee che vede anche classe politica dirigente italiana, ma non cambia molto nelle altre nazioni, non sempre attenta alla possibilità di ottimizzare tutte le opportunità esistenti. I luoghi di quella tragedia - che oggi vedranno in visita il vice presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani - sarebbero un potente strumento di «alfabetizzazione europea» per tutti al fine di far conoscere questo sacrificio sul lavoro considerando che, secondo studi europei di settore in materia, fino al 2029 le morti bianche in Europa ammonteranno a 25.166, di cui 4.664 in Italia. Per questo l’8 Agosto del 1956 non è così lontano.