Dopo l’articolo del direttore Oscar Iarussi sul Mezzogiorno delle «aree interne» (23 luglio), abbiamo pubblicato un intervento dello scrittore Giuseppe Lupo (26 luglio), un articolo dell’economista dei trasporti Angela Stefania Bergantino e un intervento del presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi. Oggi interviene l’economista Antonio Troisi.
Il Direttore Oscar Iarussi ha lanciato un appello alla coscienza civile affinché si svegli proponendo un concreto rimedio all’abbandono delle Aree Interne, non essendo sufficiente la crescente attenzione da studiosi, intellettuali ed artisti.
A questo appello va aggiunto anche quello del card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI che, a seguito dell’iniziativa di trenta vescovi delle aree interne riuniti a Benevento, si è fatto voce della necessità di investimenti e infrastrutture che contribuiscano a contrastare le difficoltà legate allo spopolamento delle Aree interne, invitando anche i Comuni a superare ogni campanilismo e a lavorare insieme secondo una logica di rete.
Che fare? Il primo problema da risolvere è quello posto dalla legge n. 158/2017 che prevede interventi a favore delle zone con vantaggi strutturali e permanenti, ma non precisa i criteri che assicurino l’equilibrata ripartizione delle risorse a tal fine destinate, limitandosi ad affermare che detto obiettivo va perseguito «per quanto possibile».
Pertanto se vogliamo che i comuni interessati si convincano a fare rete è necessario garantire l’assenza di discrezionalità nella gestione della rete per evitare l’attuale dipendenza burocratico/ amministrativa dalle Città metropolitane e dalle regioni, imputabile alla vecchia P.A. per Procedure. Ridotta ad una sommatoria di pratiche burocratiche, ha determinato l’incapacità di misurarsi con la riorganizzazione dei livelli di governo territoriale, implementando detta norma nel quadro più generale dei criteri che presiedono all’elaborazione dei piani strategici delle aree metropolitane, dei quali i piccoli comuni delle Aree Interne rappresentano l’elemento critico.
Infatti, accentuando la discontinuità del territorio metropolitano, rendono più difficile l’articolazione ottimale delle reti di servizi da gestire in forma associata.
Si spiega, così, la «metropolizzazione» della popolazione indicata dal documento dei vescovi come la prima causa dell’abbandono delle Aree Interne, determinata, appunto, dalla massima discrezionalità seguita dalle città metropolitane nell’individuare i criteri di erogazione delle risorse finanziarie all’interno ed anche all’esterno dell’area metrpollitana. Ne è derivata l’emarginazione delle Aree Interne, impossibilitate a beneficiare dei risultati ottenuti nel territorio metropolitano nel quale si concentrano le maggiori opportunità in termini di crescita economica ed attrazione di investimenti.
Per risolvere questo problema bisogna inquadrarlo in quello più ampio relativo all’attuazione del PNRR, superando le incertezze col riferimento al Modello «Pari Passo» di Bernardo Mattarella, basato sulla programmazione delle riforme, imposta dall’europeizzazione della finanza Pubblica. Di qui, la riforma costituzionale del 2012, che ha sostituito la vecchia P.A. per Procedure, con la nuova P.A. per Risultati, che pone al centro dell’analisi l’esperienza amministrativa, i suoi risultati e la relativa valutazione.
In detto nuovo schema,in vigore dal 1 /01/2016, è possibile risolvere il problema dell’individuazione di un criterio di oggettiva virtuosità finanziaria col parametro della misurabilità empirica delle interdipendenze fiscali, che assicura l’equilibrata ripartizione delle risorse destinate a garantire efficienza e qualità dei servizi essenziali dei piccoli comuni.
In particolare l’allocazione del nostro problema nel Modello «Pari Passo» di Bernardo Mattarella crea, ai Comuni delle Aree Interne, le condizioni per fare rete perché:
a) individua, con un criterio obiettivo, il punto di equilibrio tra le esigenze di responsabilità degli amministratori e quelle di solidarietà;
b) bilancia le tendenze contrapposte alla spesa eccessiva o, viceversa, troppo scarsa evitando, cosi, l’impoverimento del territorio regionale nel suo complesso;
c) migliora la trasparenza delle relazioni fiscali tra i diversi livello di governo;
d) assegna le risorse alle amministrazioni territoriali sulla base di carichi oggettivi;
e) incentiva un uso efficiente delle medesime risorse.
Viene, così, assicurato anche alle Aree Interne un utilizzo delle risorse del PNRR atto a garantire produttività della spesa, crescita, diminuzione del debito pubblico, del divario Nord/Sud ed, anche l’immediato incasso. Infatti, a differenza delle altre riforme (fisco, giustizia ecc), trattasi di una riforma già in vigore dal 1/01/2016 che assicura la valutazione dell’impatto economico ed anche la relativa rendicontazione.