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Di padre in figlio sono tornati i «mostri» e ora usano i social

 
Pino Pisicchio

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Pino Pisicchio

Di padre in figlio sono tornati i «mostri» e ora usano i social

La mitologia è sempre la stessa: il lusso pacchiano il senso del potere separato da quello della responsabilità

Martedì 27 Giugno 2023, 13:33

Capisco che ci voglia un fisico bestiale per sopportare dosi quotidiane di cronache che vanno all’incontrario di come uno se l’aspetta. Dai contesti internazionali, con le guerre dietro casa raccontate nei dettagli da raccapriccio, alle morie di seicentocinquanta disperati nei mari europei nella latitanza dei soccorsi, mentre l’impaginazione di tutti i tg e i giornali del pianeta impone la visione di un mondo ricco di mezzi strabilianti che corrono dietro a cinque esploratori del Titanic, come in una favola horror morbosa. Purtroppo persi anche questi, pace all’anima loro, ma non abbiamo ascoltato nessuno che dicesse: «Per evitare queste tragedie sarebbe bene che quei signori si fossero astenuti dal prendere questi natanti così pericolosi», ritornello che abbiamo dovuto udire da persone onuste di responsabilità istituzionali nel nostro Paese, cantato apposta per i migranti.

Ma c’è la cronaca nazionale che sembra altrettanto sballata: che dire di quegli sciagurati youtubers che, parrebbe imitando le prodezze automobilistiche dei babbi sulle spider da sogno, si lanciano all’impazzata per le strade del centro cittadino per filmare con lo smartphone l’acrobatica guida senza mani, andando a schiantarsi su una famigliola innocente e ammazzando una bambina? E di quei giovanotti che spararono proiettili di plastica contro la professoressa nel corso di una lezione, facendola andare in ospedale con permanenza lunga e segni ancora visibili sul volto (e forse ancora di più nell’anima) e poi premiati in pagella con votazione di nove in condotta?

E, the last but not the list, il caso del commis di Stato, assurto a ruoli apicali nella pubblica amministrazione con la manleva di forze politiche che hanno avuto per manifesto la legalità, fatto oggetto di un’inchiesta della magistratura a causa di comportamenti non proprio combacianti con l’etica dell’onestà? Sicuramente anche per lui vale la presunzione d’innocenza, ma ciò che ha colpito è un comportamento contestato dagli inquirenti, che ci riporta alle auto di lusso. Parrebbe che politici di fama avessero dal suddetto-custode delle auto sequestrate ai delinquenti- il privilegio dell’uso di bolidi favolosi, così tanto per provare il senso del possesso («che fu prealessandrino», direbbe Battiato ).

Sembra di rivedere I mostri (Dino Risi, 1963), con l’egemonia del kitsch dei nuovi arrivati, cantori di una visione piccolo-borghese ispirata alla filosofia dell’ «adesso tocca a me. Se no poi quando mi ricapita?» La mitologia è rimasta la stessa: il lusso pacchiano, il senso del potere separato da quello della responsabilità, la mancanza della più pallida idea di una morale condivisa. Solo che adesso questo sentiment viaggia più veloce sui social: un Nietzsche, un Roland Barthes, un Pasolini, che un tempo avrebbero descritto questi comportamenti come quelli dei «filistei dei gerani alle finestre, campioni d’ignoranza e di conformismo» (quelli che avrebbero favorito l’ascesa dei regimi autoritari nell’Europa del secolo scorso) forse oggi avrebbero avuto qualche difficoltà a farsi ascoltare. Troppo colti per stare nello schema binario del digitale, e troppo profondi i pensieri. E intanto l’etica slabbrata dei padri rischia di abbattersi sui figli. Proprio come nei Mostri: papà Tognazzi insegnava al figlio, in auto con lui a diventare pirata della strada travolgendo vecchiette e altro ancora. Il figlio diventò adulto, fece carriera e finì rapinatore. Tra le prime vittime il papà.

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