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È stata la mano di Dio! Dallo scudetto al «feeling» Napoli-Bari

 
Gaetano Quagliariello

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Gaetano Quagliariello

È stata la mano di Dio! Dallo scudetto al «feeling» Napoli-Bari

Le due città sembrano possedere complementarità fin qui messe a frutto troppo episodicamente.

Domenica 07 Maggio 2023, 14:46

Per ragioni connesse a un tifo calcistico antico, negli ultimi mesi - e fino all’arrivo del sospirato scudetto - mi è capitato di frequentare con ancora più assiduità Napoli, la mia città natale. Ho avuto perciò modo di comprendere quel che avevo solo intuito. Per la città la conquista del titolo di campione d’Italia è metafora di un momento magico.

A testimoniarlo non sono solo gli alberghi di ogni categoria stracolmi e i ristoranti nei quali è difficile trovare posto. Neppure le strade che trasudano vitalità e ottimismo ci dicono tutto. Si comprende di più mettendo in correlazione la realtà con film e serie televisive – da È stata la mano di Dio di Sorrentino a Mare fuori, passando per le rivisitazioni della storia dei De Filippo, per Il Commissario Ricciardi e Mina Settembre - che hanno rivelato al mondo come mai in passato la bellezza nascosta di Napoli.

Quella non contemplata dalla carta patinata di una cartolina che tradizionalmente si è limitata a raffigurare il Vesuvio, il Golfo, il leggendario pino di Posillipo.

È venuta fuori con prepotenza la bellezza discreta della città. Discreta nonostante i colori e l’umanità straripante, perché protetta dalle corti dei palazzi, dai vicoli e dalle periferie. E l’epifania non ha riguardato solo – e neppure principalmente – i luoghi fisici.

Ha investito quelli più impenetrabili dell’anima, traducendo in immagine e cultura diffusa quello che per tanto tempo è stato possibile rintracciare solo nei romanzi.

È caduto il filtro – una sorta di muro invisibile – che agli occhi dei forestieri ha fin qui separato la parte nobile della città da quella popolare, quasi si trattasse di luoghi abitati da umanità differenti: gli angeli e i diavoli ai quali si riferì Goethe nel tentativo di spiegare quella coabitazione unica al mondo. Oggi chi arriva a Napoli non si ferma più soltanto dalle parti del lungomare e di Piazza Plebiscito.

È naturalmente portato a spingersi oltre: va nel quartiere Sanità alla ricerca del Palazzo dello Spagnolo; oltre al San Carlo visita anche il San Carlino; non teme di andare ad ascoltare musica a Scampia.

La Napoli del terzo scudetto, insomma, sembra aver anche riconquistato e rinnovato il suo rango di capitale divenendo più grande, comprensiva e moderna di quella del passato. Appare percorsa da un vitalismo positivo che viene dal basso e che con Ruggero Cappuccio si fa teatro, con i Nu Genea rinnova la musica e con Massimo Perrino la poesia.

Questa stagione rilancia il tema del rapporto tra Napoli e il resto del Mezzogiorno: tema antico che meriterebbe anch’esso di essere scritto in maniera inedita.

Storicamente, infatti, tale relazione si potrebbe sinteticamente descrivere come quella che passa tra una testa troppo grande e un corpo troppo esile e che ha portato entrambi - la testa e il corpo – a soffrire per la disarmonia. In questa cornice rientra anche il rapporto di Napoli con Bari, per importanza e rango seconda realtà del Sud.

Le due città, infatti, sembrano possedere complementarità fin qui messe a frutto troppo episodicamente. Perché laddove la prima è naturalmente vocata a produrre novità frutto di immaginazione fervida e irrefrenabile, la seconda ha dimostrato di possedere concretezza, solidità e capacità di sedimentazione: proprio quelle qualità che possono storicamente considerarsi i vulnus di Napoli. D’altro canto, non può considerarsi un caso se una delle pagine più importanti della cultura italiana del Novecento sia nata dal connubio tra il napoletano Benedetto Croce e la barese Casa Editrice Laterza: dalla sintonia tra cultura e capacità imprenditoriale.

Oggi entrambe le città avrebbero un gran bisogno di rinnovare quel connubio. Napoli ha (e avrà sempre più evidentemente) la necessità di conferire continuità al suo momento magico sconfiggendo il rischio dell’effimero. Bari avrebbe un evidente vantaggio a riempire di contenuti e cultura il suo risveglio urbanistico, andando oltre l’ambito materiale della mera realizzazione.

Certo: una nuova collaborazione tra Napoli e Bari non basterebbe a risolvere la «questione» del Meridione. Darebbe però una grande mano. Impossibile, in tal senso, non riferirsi ad una coincidenza che ci riporta alla materia calcistica dalla quale sono partito. Il Napoli e la Bari (rigorosamente al femminile), infatti, sono squadre entrambe gestite dalla famiglia de Laurentiis che, in un calcio ormai in mano ai fondi di investimento, ha scritto in entrambi i casi – e tenendo conto delle differenze di contesto - storie di successo. Ci si deve augurare che, così come per il terzo scudetto del Napoli, anche questa circostanza finisca per divenire una metafora: quella di una nuova stagione di positive contaminazioni che dal calcio si trasferisca alle città e a quel che esse rappresentano per il Sud.

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