Stop sfratti! Eravamo in piena pandemia e questa decisione politica e prefettizia fece tirare un sospiro di sollievo alle migliaia di persone sotto sfratto. Poi la pandemia è finita - o meglio non fa più notizia - e gli sfratti sono ripartiti, abbattendosi come uno tsunami sulla drammatica situazione economica del nostro paese. Tutto ciò però nel silenzio generale. La polvere, si sa, meglio nasconderla sotto il tappeto. A Roma, la capitale d’Italia, tra le persone sotto sfratto ci sono: pensionati in affitto storico in case di enti che man mano che hanno messo in vendita gli immobili hanno triplicato gli affitti; opere pie trasformatesi in fondazioni che vogliono cacciare gli storici affittuari a canoni agevolati per vendere; famiglie con bimbi protetti dalla legge 104 in cui i genitori hanno perso il lavoro durante la COVID; madri single con bonus affitto riconosciuto dal Comune e che sarebbero anche disposte a lasciare la casa in cui vivono se solo ne trovassero un’altra; migranti che vivono e lavorano (spesso in nero) da anni in Italia e come tutti gli altri in quest’epoca di diseguaglianze sociali si sono ritrovati senza reddito durante la pandemia.
Nei due lockdown che abbiamo vissuto, il blocco dei licenziamenti, le politiche dei sussidi e della cassa integrazione estesa sono servite ai lavoratori regolari, l’esercito di invisibili è rimasto al palo, andando ad ingrossare le fila dei poveri assoluti. L’Istat ci dice che il 50% delle famiglie in locazione è nella fascia di povertà. Poi ci sono anche - e va detto - i piccoli proprietari di case che legittimamente si vedono gravati dal dramma di non percepire più le entrate d’affitto, magari necessarie a pagare il mutuo acceso per quello stesso immobile. Quali sono le alternative che fornisce l’ente pubblico a tutela degli uni e degli altri? Se non hai la fortuna di essere tra i pochi meritevoli di un alloggio popolare, c’è l’ospitalità temporanea in centri di accoglienza dove però i nuclei familiari si smembrano: donne e bambini da una parte, padri da un’altra. Comprensibile che la maggior parte delle famiglie non accetti di dividersi e preferisca così resistere fino alla fine. A Renata, nome di fantasia, è andata anche peggio. Una signora ottantenne disabile sfrattata ad Ostia a dicembre scorso e finita da amici e conoscenti. La sua storia è raccontata dall’Unione Inquilini che oggi, attivando anche i servizi sociali, sta ancora cercando una soluzione abitativa per lei e la figlia che l’accudisce.
C’era uno strumento che gli enti locali potevano usare: la cosiddetta morosità incolpevole, una procedura che se accolta da affittuari e proprietari, consente ai Comuni di destinare una quota degli arretrati ai proprietari di casa e un bonus affitto per due anni fino a 700 euro al mese. Non è uno strumento risolutivo, sia chiaro, tampona, non risolve, ma quantomeno è stato necessario finora a non far finire in mezzo ad una strada tante persone. Peccato che il governo Meloni nella legge di Bilancio si sia dimenticato di rifinanziarlo e così per il 2023 tutti i Comuni che hanno esaurito i fondi per morosità incolpevole del 2022 non avranno più un euro per far fronte a situazioni simili. Cancellato anche il fondo di sostegno all’affitto. Tutto questo non è stato però deciso a fronte dell’introduzione di misure strutturali sulla casa. Magari! All’orizzonte per ora c’è il nulla.
La partita non è ancora chiusa, sindacati di categoria, associazioni, sperano in un emendamento dell’ultima ora in Parlamento che ripristini l’aiuto pubblico. Anche perché dei 150mila sfratti esecutivi, ben il 90% è per morosità. Le famiglie in graduatoria per una casa popolare sono 650mila. Ma i dati della precarietà abitativa, per l’Unione Inquilini, andrebbero aggiornati, per questo chiedono ai parlamentari della VIII Commissione Ambiente della Camera di avviare un’indagine conoscitiva. Una ricognizione complessiva della situazione farebbe senz’altro emergere un quadro della sofferenza abitativa peggiore. A Roma e provincia lo stop nella nuova Manovra di bilancio ai fondi per sostenere la morosità incolpevole potrebbe tradursi in circa 30.000 famiglie per strada nel 2023. A Bari nel periodo gennaio-dicembre 2021 sono stati emessi 1349 provvedimenti di sfratto di cui 874 per morosità incolpevole. In Puglia sono 60mila gli alloggi di edilizia pubblica. Il 50% è pensionato e oltre il 30% percepisce meno di 11mila euro l’anno. Se poi calcoliamo i rincari energetici e in generale di tutte le utenze e del costo della vita, le persone che potrebbero nel 2023 di colpo cadere nel dramma della morosità incolpevole aumenteranno senz’altro. Il fallimento di enti locali e governi su questa specifica materia è sotto gli occhi di tutti. Ma anche noi, opinione pubblica, non ci rendiamo conto che domani potremmo essere quella persona sul lastrico incapace di pagare mutuo o affitto. Continuiamo a chiamarla emergenza, la verità è che stiamo assistendo alla cristallizzazione del disagio, della diseguaglianza. Sopravvivono solo i più forti.