Xi Jinping stringe la mano a Joe Biden. Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov si lascia fotografare con la t-shirt di Basquiat. Al polso un Apple Watch e sul tavolo un iPhone. Tutto sembra raccontare una nuova storia. Sarà per questo che qualcuno ha cercato di creare un incidente in un piccolo villaggio polacco al confine con l’Ucraina? Poteva essere l’apocalisse ma tutto è stato opportunamente ridimensionato. C’entra qualcosa il disastro ucraino con la stretta di mano tra i leader cinese e americano? Forse sì. Si saranno chiesti Xi e Biden se davvero vale la pena trasformare Taiwan in un barbecue? E si sarà chiesto Lavrov se l’Occidente, gli Stati Uniti sono davvero un nuovo Impero del Male o un universo di arte e tecnologia con cui vale la pena tornare a parlare?
Da Bali rimbalzano anche le immagini della stretta di mano tra Xi Jinping e Giorgia Meloni e della conversazione tra Meloni e Biden.
Certo Giorgia Meloni avrà riflettuto su cosa una, pur remota, eppure possibile, pace in Ucraina e distensione tra Usa e Cina possano significare per l’Italia, per quello che ha definito il nostro «interesse nazionale». Non è fantapolitica. Certo un’ipotetica fine della guerra in Ucraina non metterà l’orologio indietro, a prima del 24 febbraio scorso. Molte cose cambieranno soprattutto sul fronte energetico e, nello stesso tempo, sul fronte dei traffici globali.
C’entra l’Italia con tutto questo? C’entra il suo «interesse nazionale»? C’entra l’incontro tra Meloni e Erdogan con la forte presenza turca in Libia? Solo migranti? O anche energia e il controllo del Canale di Sicilia da dove passa gran parte del traffico tra l’Indo-Pacifico e l’Atlantico?
L’accoglienza riservata a Giorgia Meloni è stata certamente dovuta all’elemento di novità: una donna al vertice dell’Italia, ma, altrettanto certamente, i desk di mezzo mondo avranno informato i loro leader sul «chi è» di Giorgia Meloni. Su Mario Draghi non era necessario e, tutto sommato, non è necessario neppure per i titolari della Farnesina e della Difesa. I desk della Casa Bianca e della Città Proibita avranno stilato il profilo atlantista ed europeista «critico» di Meloni ma si saranno interrogati sulla novità dell’«interesse nazionale». In fondo, l’Italia non ha mai brillato su questo fronte. Dalla mancata tutela di Enrico Mattei e di Felice Ippolito fino alla liquidazione di un vasto patrimonio industriale pubblico, come descritto, in più occasioni, nelle attente analisi di Luciano Gallino.
L’Italia e il suo «interesse nazionale» hanno tutto da guadagnare dagli spiragli di distensione affiorati a Bali. Il Mediterraneo sarà un nodo energetico e commerciale nevralgico e forse quella vocazione italiana a essere hub europeo potrebbe diventare realtà e per il Mezzogiorno sarebbe una buona occasione per chiudere la storica partita del «divario». Serve soprattutto al Mezzogiorno ma anche al resto del paese una buona dose di «interesse nazionale».