Siamo in guerra! Il rischio nucleare è concreto. Usare queste parole, anche se crude, è un dovere. Chi - sin dal primo giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte dei russi - punta il dito contro pacifisti e pacifismo e si domanda sarcasticamente: «Perché non scendono in piazza contro la Russia e Putin?» dovrebbe forse ammettere che è difficile invocare la piazza quando da mesi si addolcisce la pillola, si ribadisce che non siamo in un’economia di guerra, si vessa chiunque, addirittura Papa Francesco, invochi tavoli di pace.
Non c’è nell’opinione pubblica la consapevolezza piena dei rischi che corriamo e questo dipende da due fattori: 1) nessuna istituzione, nazionale ed europea, parla francamente; 2) la crisi economica, l’emergenza gas, il caro energia, sono distrazioni globali più che giustificate. Mi unisco dunque a coloro che individuano nelle parole di Papa Francesco il solco da seguire per scongiurare il peggio. «Il leader politico occidentale più lucido in campo» l’ha definito ieri su questo giornale il filosofo, politologo, già presidente della Fondazione Istituto Gramsci, Beppe Vacca.
Giuseppe Conte ha lanciato l’idea di una mobilitazione generale (anche senza bandiere di partito) che parta dall’Italia per fare pressione sull’Europa con l’obiettivo di una conferenza internazionale per il cessate il fuoco in Ucraina. Mi convince di più invece la proposta avanzata attraverso la «Gazzetta» di una mobilitazione dal basso che veda in prima fila i sindaci delle grandi città, non solo italiane. Anche perché la proposta di Conte sarà più esplicita a breve, quando il Movimento Cinque Stelle esordirà nel nuovo Parlamento. Chi, invece, può con credibilità mobilitare l’opinione pubblica veramente? Sindaci, sindacati, chiese e associazioni, senza bandiere di partito, né giochi politici, studenti, educatori, sacerdoti, docenti universitari, giornalisti, avvocati, medici ecc? Di certo nessun partito.
Non so se - come propone il professor Vacca - sia effettivamente il sindaco di Bari Antonio Decaro, a potersi fare capofila dell’iniziativa. So però certamente che la Puglia è una regione protagonista: a Taranto si trova la Stazione Navale che funge da base logistica per la Nato. A settembre c’è stata l’incursione della Marina militare russa nel mare Jonio e non si è trattato nemmeno dell’unico «incontro ravvicinato» fra le forze aeronavali Nato e russe. Diciamo piuttosto l’ennesimo.
Senza spingermi oltre, verso considerazioni analitiche che non mi competono, diciamo che abbiamo più di un motivo per farci promotori di un’iniziativa di pace. Sottolineo però il carattere europeo che la mobilitazione dovrebbe avere. Ricorderete forse l’immagine dei cinquanta Capi di Stato sottobraccio che aprirono la manifestazione di due milioni di persone a Parigi che sfilarono contro il terrorismo, dopo la strage al Charlie Hebdo. A rivederla oggi sembra del secolo scorso. Grandi assenti furono Vladimir Putin, che inviò il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, e Barack Obama, rappresentato dal suo ministro della Giustizia, Eric Holder. «Oggi Parigi è la capitale del mondo» disse l’ex presidente Francois Hollande, tra applausi e le note della Marsigliese.
«Oggi Kiev è la capitale d’Europa» dovrebbe certamente essere il messaggio dei capofila di una nuova mobilitazione di pace contro la guerra, ma questa Europa deve anche essere la casa di tutti i russi che non vogliono la guerra, che non vogliono che venga versato altro sangue. L’Europa che avanza in ordine sparso sulla decisione di aprire o chiudere le porte ai cittadini in fuga dalla Russia, è un messaggio pericoloso. Dunque cari sindaci, perchè non farvi avanti? Ripeto nel solco della linea dettata da Papa Francesco. Che pensiero ingenuo, qualunquista, privo di fondamento sarà certamente la reazione di alcuni. Molto meglio che restare fermi, immobili, indifferenti davanti a questa escalation che ci sta portando dritti verso la minaccia nucleare. Non cambierà nulla? Almeno non passerà alla storia che non ci abbiamo provato.