Due interdizioni ridotte e due confermate. È la decisione emessa dal tribunale del Riesame nei confronti di quattro commercialisti coinvolti nell'inchiesta sulle “società fantasma” e una maxi evasione fiscale oltre all'indebita percezione di fondi pubblici che il 30 settembre scorso ha portato al sequestro da 3,4 milioni di euro e a una serie di misure cautelari.
Ai domiciliari sono finiti l'imprenditore massafrese Francesco Di Lecce - assistito dall'avvocato Gaetano Vitale, accusato di essere l'amministratore di fatto di decine di società “cartiere” che avrebbero emesso fatture per operazioni inesistenti consentendo alle tre società incriminate di evadere le imposte – e Vito Daniele, 57enne di Mottola legale rappresentante di Danieleambiente, Toralb e Inderal e assistito dagli avvocati Raffaele Errico e Pietro Paolo Passarelli. In quella operazione della Guardia di finanza erano inoltre coinvolti i quattro commercialisti per i quali il gip Alessandra Romano aveva disposto l'interdizione per 12 mesi: il tribunale del riesame però ha confermato la misura cautelare per il 53enne tarantino Gianluca Errico e il 50enne di Mottola Michele D'Auria, ma ha ridotto a 8 mesi quella per il 50enne di Mottola Cosimo Lasigna difeso dall'avvocato Antongiulio Leuzzi e il 34enne di Martina Franca Gianluca Rinaldi assistito dall'avvocato Vitale.
Secondo le fiamme gialle, guidate dal tenente colonello e coordinate dal procuratore aggiunto Enrico Bruschi, grazie alle fatture per operazioni inesistenti alle tre società di raccolta e trasformazione rifiuti è stato consentito di evadere Iva e imposte dirette tra il 2017 e il 2022 e di generare crediti di imposta fittizi, tra cui «Industria 4.0» e «crediti per investimenti nel Mezzogiorno (Cim)», finanziati anche con risorse del Pnrr, per oltre 700mila euro complessivi.
Complessivamente gli indagati sono 27, ma i sei sottoposti a misura devono difendersi dall'accusa di associazione a delinquere insieme con una settima indagata, Rosanna Digiorgio, moglie di Di Lecce. Per le fiamme gialle il gruppo aveva come promotore proprio Di Lecce, come organizzatore Vito Daniele: l'obiettivo era quello di organizzarsi per commettere reati di evasione fiscale e di indebita percezione di erogazioni pubbliche.
















