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Se a essere fatta a pezzi è «solo» una pornostar

 
Graziana Capurso

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Graziana Capurso

Se a essere fatta a pezzi è «solo» una pornostar

Carol Maltesi

Come se ci fossero donne trucidate di serie A e donne di serie B. E malauguratamente Carol Maltesi rientra in questa seconda categoria solo perché l’ha deciso l’opinione pubblica

Mercoledì 30 Marzo 2022, 14:10

Uccisa. Fatta a pezzi. Messa nel congelatore. No, non basta. I suoi «amabili resti» sono stati gettati in un dirupo nelle alture di Borno in provincia di Brescia. È l’ennesimo scempio, l’ennesimo femminicidio che sale alle cronache nazionali. La vittima è Carol Maltesi, 26enne, mamma di un bimbo di 6 anni. Sarebbero sufficienti questi elementi per affrescare l’orrore di una vita spezzata, ancora una volta da un uomo che ora ha finalmente un nome e un cognome. Davide Fontana, 43 anni, impiegato di banca nel Milanese, ex vicino di casa di Carol, con la quale pare avesse avuto una relazione, reo confesso che si nasconde dietro il raptus, dietro quell’istinto primordiale che spinge ad un atto deprecabile solo per un litigio con quel cosiddetto oggetto del desiderio, che per un motivo o per un altro è venuto meno.

Basterebbe questo per far venire la pelle d’oca a chiunque. Peccato che non sia così. L’occhio indagatore non si sofferma sulla scabrosità di questo efferato femminicidio che, per inciso, è il dodicesimo dall’inizio del 2022. No, l’attenzione si concentra tutta su un dettaglio. Un particolare a cui non abbiamo fatto riferimento prima, appositamente. Carol Maltesi era una donna, una mamma, ma nel mondo del porno era conosciuta con il nome d’arte di Charlotte Angie. Ed ecco che tutto cambia: «Uccisa l’attrice hard Charlotte Angie», «Commessa, poi stella dell’hard», «Borno, donna fatta a pezzi, arrestato il vicino di casa, ha confessato nella notte. La vittima Carol Maltesi, attrice hard». Sono solo alcuni dei titoli che descrivono questo crudele femminicidio. Per arrivare al nome dell’uomo, che l’ha ammazzata, dobbiamo scorrere le righe degli articoli.

Di Carol, il cui corpo è stato identificato solo grazie ai numerosi tatuaggi, i giornali riportano per lo più lo pseudonimo, Charlotte Angie, che utilizzava nel suo lavoro. E la sua scelta e le sue abitudini e le esibizioni dal vivo, tutto è finito sotto la lente dei media molto più in rilievo di quanto, invece, avrebbe dovuto essere per le informazioni che riguardano il suo assassino. I maligni dicono che siano stati proprio i suoi fan del mondo dell’hard a riconoscerne i resti. Come se ci fossero donne trucidate di serie A e donne di serie B. E malauguratamente Carol rientra in questa seconda categoria solo perché l’ha deciso l’opinione pubblica.

Di nuovo passa il messaggio che siano le scelte di vita della donna a determinare la violenza «insana» degli uomini. Mai una volta invece, si fa riferimento al fatto che dietro questo tipo di violenza vi sono il senso di possesso e controllo da parte dell’uomo nei confronti di una donna che vuole essere solo tale. Carol era una ragazza, con un vissuto difficile alle spalle. Lavorava come commessa prima di diventare un’attrice porno. È stata trovata a pezzi, in un bosco da un contadino. Nessuno l’ha cercata. Nessuno se n’è accorto. Non la mamma, non l’ex marito. Nessuno. I pezzi di questa donna, conservati in quattro sacchi neri, sono stato buttati al margine di una strada di passaggio come se fosse spazzatura. E fa rabbia, tanta rabbia scoprire che in Italia questo sia solo un corollario alla sua attività lavorativa. Siamo circondati da moralisti e moralizzatori che si nascondono dietro commenti di circostanza.

Sì, Carol era una pornostar e no, non se l’è cercata. Nessuno cerca la morte. Nessuno la merita. Quante altre Festa della donna servono per spiegare agli uomini che l’amore non si pretende? Quante giornate contro la violenza si devono celebrare per rendersi conto che il numero delle donne uccise non cala, non rallenta, non frena? Sarebbe bello se tutti la smettessero di commentare con le faccette che ridono sotto questi post drammatici. Smettiamola con il falso perbenismo. Meglio tacere, proprio perché, tolti i vestiti da Charlotte Angie, restavano solo quelli di Carol. Una ragazza come me, come voi, con le difficoltà, le paure, le passioni ma soprattutto con la voglia di vivere. Spezzata e fatta a pezzi, anche quella.

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