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Al Sud si può fare impresa: non è vero che emigrare diventa l’unica prospettiva

 
Sergio Fontana

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Sergio Fontana

Al Sud si può fare impresa: non è vero che emigrare diventa l’unica prospettiva

Al Sud ci sono aziende che crescono e che corrono a volte persino più veloce del resto del Paese. L’Istat ha infatti registrato in Puglia, negli ultimi due anni, un ritmo di crescita del Pil nettamente superiore rispetto al resto d’Italia: 3,6% rispetto al 2,3%

Mercoledì 31 Maggio 2023, 14:00

Per i giovani del Sud emigrare non è l’unica prospettiva, e lo dimostra la mia personale esperienza di imprenditore insieme a quella di tantissime altre imprese di successo che il Mezzogiorno, e in particolare la nostra regione, sono capaci di esprimere oggi.

Questo è ciò che voglio dire a chi, qualche giorno fa, dalle colonne di questo giornale ha affermato che lasciare le regioni d’origine è ormai una scelta obbligata per le nuove generazioni meridionali.

Io dico, invece, che al Sud si può fare impresa. Al Sud ci sono aziende che crescono e che corrono a volte persino più veloce del resto del Paese. L’Istat ha infatti registrato in Puglia, negli ultimi due anni, un ritmo di crescita del Pil nettamente superiore rispetto al resto d’Italia: 3,6% rispetto al 2,3%. Un bel risultato. Il merito è di imprese che lavorano e che vanno avanti nonostante tutto. Sono imprese che crescono e cercano nuovi talenti per crescere ancora, perché senza le competenze giuste le sfide imprenditoriali non si vincono.

E allora perché il Mezzogiorno ha tanti giovani disoccupati e tanti ragazzi che non studiano e non lavorano? Perché tanti emigrano? Una delle ragioni è che molti di questi ragazzi spesso non sono stati formati per svolgere i nuovi compiti a cui sono chiamate oggi le imprese. Le nostre imprese hanno urgenza di trovare le competenze necessarie alla trasformazione digitale ed ecologica, ma spesso non le trovano. E senza lavoratori adeguatamente formati le imprese non crescono, ma non cresce neanche la società. Quello di cui sia giovani, sia le imprese del Sud hanno bisogno sono dunque politiche dell’istruzione e politiche attive del lavoro veramente efficaci. Bisogna inaugurare in Puglia una nuova stagione delle politiche attive del lavoro come quella avviata dall’indimenticabile Guglielmo Minervini con le sue misure innovative Bollenti Spiriti e Principi attivi.

Abbiamo bisogno di politiche che aiutino i giovani, e anche le imprese, a governare e non a subire le grandi trasformazioni in atto. E abbiamo bisogno di interventi che rendano attrattivo lavorare al Sud, non solo per trattenere i giovani meridionali, ma anche per attirare talenti dal resto d’Italia e del mondo.

Dobbiamo risolvere il problema della formazione e del disallineamento dell’offerta e della domanda di lavoro, che non è un problema solo nostro. È una criticità europea, perché la digitalizzazione e la transizione ecologica stanno mettendo in crisi tutto il mondo del lavoro del vecchio continente. Ed è per questo che l’Unione Europea ha scelto il 2023 come l’anno della formazione. Non è un caso se uno dei temi a cui l’UE dà maggior risalto è l’importanza del capitale umano: l’insieme di uomini, donne, giovani, meno giovani, menti ingegnose e volenterose di qualsiasi età sono la chiave del futuro del nostro continente e ancor più del Mezzogiorno. Dobbiamo solo impegnarci per attivare nuove politiche. Il nostro Mezzogiorno ha uno straordinario potenziale di crescita.

Il nostro Sud non ha bisogno di assistenzialismo, ha bisogno di lavoro. Io ho creduto nel Sud e, dopo una breve esperienza di lavoro al Nord, ho scelto di tornare a lavorare qui, dove ho realizzato dal nulla un’impresa di successo. E allora, con l’ottimismo della volontà che contraddistingue ogni vero imprenditore, voglio esortare i giovani di oggi a provarci: a restare e ad osare perché – come mi piace ripetere anche in azienda ai miei collaboratori - i limiti che abbiamo sono solo quelli che noi stessi ci imponiamo.

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