«Alla gente bisognerebbe ricordare che la buona salute della democrazia si misura con l’informazione di qualità, che serve al Paese, ai cittadini, per non aver paura e per informarsi di quello che ci accade attorno». Riccardo Iacona, romano, 65 anni, a febbraio torna su Rai3 con la nuova stagione di «Presadiretta». E sta sviluppando con l’editore barese Dedalo una collana, «Sottoinchiesta», di instant book legati a grandi temi di approfondimento. I primi due volumi (Il futuro elettrico di Marcello Brecciaroli e Giuseppe Laganà, Bit economy di Andrea Vignali e Raffaele Marco Della Monica) si occupano di transizione energetica e criptovalute. «Sono onorato – dice Iacona - di stare affianco alla saggistica storica e filologica di Dedalo, che ha riconosciuto il valore pedagogico dell’inchiesta: quando la affronti devi uscirne più ricco, devi capirne di più. Mi hanno chiesto di organizzare una serie in cui raccontare gli argomenti, per capire la complessità di quello che ci accade intorno. Una sfida bellissima. È una serie aperta al contributo di chi ha qualcosa di importante da raccontare».
Siete partiti con due temi molto legati a quello che accade vicino a noi.
«Sul futuro elettrico ci giochiamo la transizione energetica, ma anche tutti i soldi che l’Europa ha messo in campo. Una lotta tra giganti in cui riusciamo a vedere i temi che si pongono e corriamo il rischio che si ripeta quanto avvenuto con le fonti fossili, dove dipendiamo tutti dal litio che non c’è. Ed è un racconto affascinante fatto di scienza, passione, laboratori, fatto di geopolitica: perché qui si gioca il futuro economico del paese».
Le criptovalute tornano di attualità soprattutto per gli scandali.
«La lotta della moneta, quale valuta peserà di più sul mercato, è quella su cui si scontrano giganti come la Cina e gli Stati Uniti. Siamo cresciuti nell’economia del dollaro, ora c’è un terzo del mondo che parla cinese e lo yuan digitale che i cinesi stanno sperimentando equivale ad aver dissotterrato l’ascia di guerra. C’è questo strano delle blockchain: capire come funziona quel meccanismo lì, cosa sono i minatori, come è stato possibile muovere così tanti soldi senza passare per le banche è una cosa di grande interesse. Infine su questo tema si sta giocando la più grave crisi di liquidità: dobbiamo capire come se ne esce, e se è possibile che mantenga questo anelito di libertà che aveva dopo la grande crisi del 2008».
I prossimi titoli?
«Stiamo lavorando a un instant book sul mare, che è straordinario perché attraverso il mare si possono leggere non solo i cambiamenti climatici. Ma la partita fondamentale per evitare il riscaldamento climatico».
Iacona, come sta il giornalismo italiano?
«I giornalisti italiani fanno tutti un lavoro di qualità, sia per l’informazione quotidiana che per l’approfondimento. È un settore anemico, perché mancando le risorse si lavora di meno, gli inviati non vanno più sul posto. La stessa cosa capita in televisione dove gli editori che investono per realizzare reportage sono sempre di meno. Questo ha a che fare con la crisi dell’editoria, e con la competizione pazzesca sui social cosiddetti gratis, in cui credi di non pagare ma a cui stai regalando il tuo tempo che è pieno di pubblicità».
Resta il fatto che il giornalismo d’inchiesta non è particolarmente amato dal potere, soprattutto in Italia.
«Aspettiamo da un sacco di tempo che il Parlamento decida di evitare ai giornalisti italiani tante querele inutili. Oggi i giornalisti possono essere intimiditi da chi ha tanti soldi, e non ha un segnale di libertà. Il tentativo di rendere difficile l’accesso alle fonti c’è sempre stato e continua, se vedi il Belgio per il Qatargate non c’è un solo documento che gira, da noi invece gli atti giudiziari diventano pubblici quando arrivano agli avvocati come è giusto che sia. La qualità non la ottieni stringendo il rubinetto dell’acqua ma aumentando l’acqua. Poi ci sono tutti gli strumenti per accertare se il materiale è utilizzato in maniera contrario alla legge».
I tentativi della politica sembrano rivolti anche a limitare le indagini, con argomentazioni non sempre convincenti.
«E’ grave intaccare gli strumenti investigativi dei magistrati. Sembra che si stia spingendo troppo sulle intercettazioni, ma poi quando parli con i magistrati ti dicono che non è vero. Il costo delle intercettazioni è alto? Rispetto ad altri strumenti di indagine tradizionali non è affatto così».
Il giornalismo cardine della democrazia, messo in crisi da chi preferisce il silenzio?
«Sono per la difesa totale dello spazio di libertà, quello che ci garantisce che le notizie possano circolare. È la vera benzina che alimenta la democrazia sana. Quando le notizie stanno chiuse nei cassetti vuol dire che sappiamo meno, ma anche che c’è qualcuno, da qualche parte, che rischia di essere sotto ricatto».