«Se sento una canzone di Grease mi emoziono sempre e ballo». Come dare torto a Olivia Newton-John (scomparsa poco più di due mesi fa), interprete indimenticabile di Sandy Olsson, innamorata di Danny Zuko? È forse la migliore chiave interpretativa di Grease, il musical immutabile per eccellenza. Così iconico che non smette mai di entusiasmare, complice l’energia travolgente dei suoi protagonisti, oltre a una colonna sonora immortale. Adesso la Greasemania, in Italia, prosegue inarrestabile grazie al musical firmato dalla Compagnia della Rancia del regista e fondatore Saverio Marconi, da 25 anni sulla breccia, un fenomeno con più di 1800 repliche che sfiorano i 2 milioni di spettatori.
Stasera alle 21 Grease - Il Musical è atteso al Teatroteam di Bari (infotel: 0805210877, teatroteam.it), per un cult intergenerazionale sempre attuale.
Protagonisti sono Simone Sassudelli, nel ruolo di Danny Zuko, e Francesca Ciavaglia in quello di Sandy; insieme a loro l’esplosivo Kenickie (Giorgio Camandona), la ribelle e spigolosa Rizzo (Gea Andreotti/Silvia Riccò), Miss Lynch (Elena Nieri), i T-Birds, le Pink Ladies, gli studenti dell’high school più celebre e un particolarissimo angelo rock. Nel numeroso cast anche il ventiduenne talento putignanese Dario Napolitano nel ruolo di Tom, studente della Rydell High School.
«Danny e Sandy? Sono sempre bellissimi», spiega il regista Saverio Marconi, che con la Compagnia della Rancia ha firmato varie versioni di «Grease», compresa l’ultima che festeggiava nel 2017 i vent’anni di musical. Tratto dal capolavoro scritto da Jim Jacobs e Warren Casey nel 1971. Ed esploso poi nel 1978, nell’omonimo film con John Travolta e Olivia Newton-John.
«Rispetto alla versione del 2017 - prosegue il regista - non è cambiato nulla. Intendiamoci: il cast si è rinnovato, ma uno spettacolo come Grease ha un suo sottotesto fondamentale. Se lo cambi non è più quello. Però ogni volta che va in scena è magnetico, ti prende e non riesci a smettere di guardarlo: grazie all’energia giovanile, al divertimento puro, alla semplicità della storia. Sarebbe uno sbaglio modificarlo. C’è una frase di Giorgio Strehler che amo molto, quando dice: “Prima bisogna capirlo uno spettacolo, comprendere a fondo cosa voglia dire. E poi farlo”. Quando l’hai capito in pieno, puoi realizzarlo davvero».
Qual è il segreto?
«Sicuramente la storia e la leggerezza, insieme alla colonna sonora. La cosa stranissima è che è ambientato negli anni ‘50, ma è stato scritto negli anni ‘70. Quindi i fifties sono stati rivisti in un modo più spettacolare, con la sensibilità diversa di vent’anni dopo. Come fa anche il film. Ma è una miscela che funziona benissimo».
Esistono ancora due come Danny e Sandy da qualche parte, oggi?
«Oggi c’è un’altra energia, rispetto ad allora. Molto diversa. Ma ciò che tiene insieme Grease, con quella brillantina anche un po’ appiccicosa, è il gruppo. A un certo punto cantano Non ci lasceremo mai e tornano a ballare. Impossibile non credere in loro e in entusiasmo di futuro che non dovremmo mai perdere».