In un momento di grande difficoltà per Bari e Sampdoria, avversarie sabato prossimo al «San Nicola» per la quinta di B, Gian Piero Ventura - doppio ex e figura di grande esperienza nel panorama calcistico italiano - analizza la situazione con lucidità e realismo.
Mister Ventura, da doppio ex, che effetto le fa vedere Bari e Sampdoria con un solo punto in due, dopo quattro giornate?
«Credo non se l’aspettasse nessuno. Siamo tutti divisi a metà tra sorpresa e dispiacere. A Bari è stata fatta una buona campagna acquisti. Forse serve del tempo per assimilare le idee di Caserta che dispone di calciatori con caratteristiche tecniche diverse che offrono la possibilità di creare varianti tattiche. Dall’altra parte, c’è una Sampdoria reduce da una retrocessione in C salvata poi in qualche modo. Lo shock è rimasto. In panchina c’è Massimo Donati, mio ex giocatore a cui sono legato. Leggo che è all’ultima spiaggia. Mi spiace per entrambe. Sono le cose del calcio. Hanno bisogno di tempo».
Le squadre erano partite con ambizioni importanti. Cosa non sta funzionando, secondo lei, a livello tecnico e mentale?
«Il punto è analizzare le cose non solo dal punto di vista tecnico e tattico, ma anche gestionale. Andrebbe fatto un esame dettagliato del perché in alcune partite non si è visto il sacro fuoco che invece bisognerebbe avere. Ho sentito Magalini parlare di calciatori arrivati con motivazione, consapevoli di Bari come piazza importante e ambiziosa. La società dovrà capire cosa manca per far sì che i giocatori tirino fuori il massimo».
Fin quando il Bari rivoluzionerà la rosa ogni anno, sarà difficile competere contro formazioni collaudate e rodate.
«È una falsa verità. Quest’anno, il Bari ha molti giocatori di proprietà. Cioè, gente che ha sposato la causa. Sta a loro dimostrare di meritare la piazza e allo staff tecnico di gestire al meglio la situazione. Per vincere la B o essere protagonisti, alla base ci deve essere un gruppo con individualità tecniche ed un gruppo cementato e forgiato. Sia il Bari che la Sampdoria sono in ritardo ed il malumore è capibile. A Modena, per esempio, i biancorossi hanno subito passivamente la sconfitta. Mentre a Palermo, si è giocato alla pari per un tempo contro una delle big del torneo. Devi farlo per novanta minuti e alla lunga i risultati vengono dalla tua parte».
A Bari si parla già di criticità tecnica rispetto al modulo utilizzato sinora. Vede un problema di identità di gioco o di gestione dello spogliatoio?
«Quando fai un punto in quattro partite, tutti hanno ragione sui moduli. Ognuno spiega. Ma, alla fine, sono solo parole. Credo che il Bari abbia una squadra importante a cui va concesso il tempo per sfruttare la qualità dei giocatori. In B vince la squadra. Ci deve essere il fuoco».
Caserta e Donati sono già in discussione. Rischiano?
«Sono cose di società e non mi permetto di entrare nel merito. Quattro partite non possono determinare decisioni affrettate. Le questioni vanno studiate con lucidità. Non è vero che la B è un campionato che non t’aspetta. Ne ho vinti di campionati. Si decidono sempre a marzo, aprile. C’è tutto il tempo per recuperare. Puoi essere primo alla fine dell’andata a retrocedere. E, viceversa, risalire ai vertici dai bassifondi. Succede tutto e il contrario di tutto».
Quello di Massimo Donati è un profilo che lei conosce bene avendolo allenato a Bari poco più di 10 anni fa.
«Come allenatore ne ho solo sentito parlare bene. È una persona seria, un professionista affidabile. Vinci due partite e sei biondo con gli occhi azzurri. Ne perdi altre due e diventi piccolo e nero. Calciatore e allenatore sono mestieri del tutto diversi».
La Sampdoria, reduce da una stagione già difficile, sembra non essersi ancora ripresa. È solo un problema di organico o c’è dell’altro?
«Non basta cambiare allenatore per eliminare le scie negative del passato. Invece di parlare di calcio, a Genova si dovrebbe fare un repulisti mentale. Anche i nuovi assorbono vecchie scorie. Come organico, il Bari è più forte della Sampdoria».
La Samp a Monza è stata contestata dai tifosi. Le pressioni ambientali in piazze così calde possono diventare un ostacolo? Come si gestisce l’impazienza del pubblico?
«Hanno fatto più di ventimila abbonamenti quasi a scatola chiusa. La dice lunga su quanto sia forte l’affetto della gente. Come a Bari, del resto. Bastano due vittorie e prestazioni importanti per cancellare il recente passato. Le cose non vengono per caso. Il malumore incide. Soprattutto in settimana e fuori dal campo. Occorre isolarsi, sapendo che si è solo all’inizio del percorso».
Quanto incide la mancanza di leader in campo in squadre con una storia e una tradizione? Chi può diventare il punto di riferimento tecnico e caratteriale?
«Il leader non è quello che si legge sui giornali, ma quello determinante nello spogliatoio. L’uomo che durante la settimana si mette in testa al gruppo. Chi parla poco e produce molto. Pretende poco da sé, ma molto dagli altri. Nell’organico del Bari, punterei sui baresi come Partipilo, Castrovilli e Bellomo. Loro possono spiegare agli altri cosa significa indossare quei colori e quanto la gente del posto può restituirti in termini di affetto».
Crede che la serie B attuale sia più competitiva rispetto a quando lei allenava? E questo può spiegare parte delle difficoltà?
«Non direi. È la solita serie B, un torneo in cui contano il gruppo e il cuore. Vedi l’Avellino di quest’anno. Non si ha mai la certezza di vincere. Come lo Spezia dell’anno scorso, partita maluccio adesso sulla scorta della delusione degli ultimi playoff».
Che tipo di partita si aspetta sabato? Prevarrà la paura di perdere o la voglia di dare una scossa?
«Penso di esserci. Una gara importante per il Bari. I tifosi si aspettano prestazione e risultato. Delicatissima per la Samp che credo non abbia mai perso quattro partite di fila all’inizio della B nella sua storia. Se perdesse al San Nicola, saranno grossi problemi anche per la gestione dell’ambiente. Se hai già paura di perdere, non ci sarà un grande futuro».
Un messaggio ai tifosi di Bari e Sampdoria: cosa direbbe per tenere accesa la speranza in un momento così delicato?
«Devono essere gli stessi di sempre, cioè il dodicesimo uomo ed il punto di riferimento per le loro squadre. Bari viene da delle difficoltà per via della cattiva informazione sul discorso multiproprietà. Una realtà da 60mila spettatori, roba che in Italia fanno solo Roma, Milano e forse Napoli. Con questi numeri alle spalle aumentano le pressioni e le aspettative. Bisogna restare vicini alla squadra. Le squadre vincenti non si costruiscono dall’oggi al domani. L’importante è che non manchi mai il cuore».