BRINDISI - Michele Mastropietro si è determinato a uccidere il brigadiere capo Carlo Legrottaglie perché poteva contare sulla presenza del complice Camillo Giannattasio con il quale fino a quel momento aveva agito in piena sinergia: insomma il 57enne arrestato dai poliziotti di Taranto non è assolutamente un uomo qualunque che assiste come semplice spettatore, ma un soggetto che possiede una «concreta e straordinaria pericolosità» che ha contribuito alla «brutale uccisione» del militare.
È quanto scrive nella sua ordinanza il gip di Brindisi, Simone Orazio, che su richiesta del pubblico ministero Raffaele Casto ha disposto per il 57enne di Carosino la detenzione in carcere anche per l'accusa di concorso nell'omicidio avvenuto il 12 giugno scorso nella zona industriale di Francavilla Fontana. Com'è noto dopo quel primo scontro a fuoco in cui un colpo ha ferito Legrottaglie lacerando l'arteria iliaca, Mastropietro e Legrottaglie si sono dati alla fuga nelle campagne del Tarantino fino a quando sono stati individuati dai poliziotti con i quali è nato un nuvo conflitto a fuoco in cui il primo ha perso la vita. E dai nuovi atti emerge innanzitutto avuto da Giannattasio: pur essendo da subito finito in carcere, aveva finora avuto un ruolo quasi marginale poiché a differenza di Mastropietro si era arreso subito all'alt dei poliziotti. Nel territorio brindisino, contro i carabinieri, però, stando a quanto emerge dall'ordinanza, le cose sarebbero andate diversamente.
Secondo il racconto fatto dal brigadiere Costanzo Garibaldi, Giannattasio era...
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