BRINDISI - Al Comune di Brindisi i conti non tornano. Dopo la vicenda del mancato pagamento dei canoni dell’Arneo, l’ente è adesso alle prese con cittadini che protestano per richieste di pagamento di importi ritenute errate e illegittime.
Una sentenza del Tar di Lecce rischia di produrre ripercussioni sulle pratiche di condono pendenti presso gli uffici comunali e su quelle già chiuse con il rilascio del provvedimento di condono. I giudici amministrativi, infatti, hanno stabilito che gli importi oblativi e concessori richiesti dal Comune di Brindisi a una cittadina che aveva inoltrato domanda di condono edilizio nel 1986 sono «frutto dell’errata applicazione della normativa di riferimento». A fronte della richiesta di pagamento del Comune per 62mila euro, il Tar ha invece rideterminato la cifra corretta da versare in poco meno di 9mila euro. Una differenza incredibile sulla quale si stanno interrogando politica e uffici comunali. Va sottolineato che nel caso in oggetto il Comune di Brindisi non si è costituito in giudizio. Entrando nello specifico, il Tar ha stabilito che la ricorrente debba pagare approssimativamente 3.300 euro di oblazione, 2.500 euro per i costi di costruzione e quasi 3mila euro di oneri di urbanizzazione.
Ma c’è anche un’altra questione controversa, che nelle scorse ore è stata messa in luce dall’avvocato Carmela Lo Martire, già assessore ai Servizi finanziari e consigliere comunale uscente. «I brindisini - attacca Lo Martire - devono continuamente guardarsi le spalle dal proprio Comune. Non bastassero gli aumenti di tasse e imposte, i cittadini devono anche stare attenti agli errori di calcolo degli uffici comunali». Lo Martire sottopone all’attenzione il caso di alcuni «proprietari di terreni agricoli rientranti nel Sin (quindi sottoposti a interventi di caratterizzazione e messa in sicurezza, ndr), che alla luce di una riclassificazione di quei terreni in D/3 (destinabili a insediamenti produttivi), si sono visti notificare delle cartelle stratosferiche per differenze Tasi 2017 e Imu e Tasi dal 2017 in poi». Il tutto, «senza che a tali contribuenti sia stato notificato preliminarmente il nuovo status dei terreni e il relativo valore venale attribuito».
Tra l’altro, «all’Agenzia del territorio, nonché all’anagrafe tributaria, tutte queste particelle - sottolinea l’avvocato - sono ancora oggi classificate nella loro effettiva natura, ossia quella di terreni a vocazione agricola, come ab origine catastalmente qualificate».
Lo Martire, a riprova del suo ragionamento, fa presente che «il Consorzio per lo sviluppo industriale, nella cui competenza funzionale ricadono molti dei terreni in questione, afferma con decisione che quelle aree non possono essere oggetto di interventi edilizi».
Alla luce di tutto questo, l’ex assessore ritiene che non sia «opportuno che il Comune pretenda di imporre una tassazione di gran lunga superiore rispetto all’effettivo valore di mercato dei terreni, ai quali è attribuito un inesistente valore commerciale. Di conseguenza, è assolutamente necessario che vengano accolte le richieste avanzate dai contribuenti e che vengano attribuiti ai terreni in questione i corretti valori».