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Brindisi, sciopero di otto ore per la Badell: slitta la ripartenza del P9T

 
Antonio Portolano

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Antonio Portolano

Brindisi, sciopero di otto ore per la Badell: slitta la ripartenza del P9T

Gli operai continuano la lotta contro la chiusura e i 47 licenziamenti al momento «irrevocabili» entro Natale

Venerdì 22 Settembre 2023, 13:06

Facce segnate. Braccia incrociate. La rabbia negli occhi, nella mente e nel cuore dei dipendenti Lyondell Basell ai cancelli del petrolchimico. Altre 8 ore di sciopero ieri, distribuite su tre turni. E sono già sedici, nell’arco dello stesso mese (considerati i due scioperi precedenti di 4 ore) che peseranno in maniera importante sugli stipendi. È la lotta di «Davide» (i 47 dipendenti - fior di tecnici e di competenze - condannati al patibolo del licenziamento), contro «Golia», la multinazionale della chimica che possiede 94 stabilimenti in 32 paesi del mondo, 4 dei quali in Italia.

A Brindisi è presente con due impianti il PP2 ed il P9T. L’impianto P9T utilizza la tecnologia Spherizone di polimerizzazione in fase gassosa, per produrre vari tipi di polimeri. Gli impianti P9T furono rinnovati e potenziati nel 2002 a fronte di un investimento pubblico di oltre 30 milioni di euro. Per gli impianti di produzione del polipropilene a partire dal 1994 fu avviata una seconda linea di produzione (PP2), potenziata nel 1998.

La capacità produttiva di polipropilene di Lyondell Basell è di 47mila tonnellate l’anno. Nel 2012 in uno studio della Fondazione Visentini si leggeva che Basell pagava a Brindisi 16,8 milioni euro all’anno di retribuzioni e prestazioni e acquistava beni e servizi per 18milioni (Linee guida per lo sviluppo territoriale della provincia di Brindisi) con allora 160 lavoratori diretti. Ora sono 135. E sull’impianto P9T ne ruotano circa 25.

I sindacati di categoria Filctem Cgil, Uiltec Uil e Femca Cisl - ai quali lo scorso 5 settembre, nel corso di una riunione a Roma convocato per altri motivi, venne comunicata la decisione di chiudere il P9T - non si spiegano ancora come ha fatto la multinazionale a calcolare 47 esuberi a Brindisi. Esuberi che, come confermato dai rappresentanti della multinazionale chiamati dal presidente delle Task force regionale per l’occupazione Leo Caroli, a Bari mercoledì, sono irrevocabili perché «decisi dal management internazionale». Così come la chiusura dell’impianto P9T, per il quale però - strano ma vero - è stato disposto un «Piano di riattivazione» (era fermo da mesi) per fare fronte ad alcuni ordinativi, onorare alcuni contratti di fornitura, fare degli stoccaggi in containers. Impianto che sarebbe dovuto ripartire subito, proprio ieri mattina. Una riapertura a tempo determinato, con «sorpresa finale»: la chiusura per il 23 dicembre.

L’antivigilia di Natale i licenziamenti, il «regalo» peggiore che si possa fare a qualsiasi lavoratore. È per questo, sia per rispedire i tagli al mittente, sia per salvare l’impianto, che ieri con la «morte nell’anima» i lavoratori di Basell hanno usato nuovamente l’unica «arma» in loro possesso: altre 8 ore di sciopero, rinunciando ad un’altra parte importante dello stipendio. Un risultato importante anche se piccolo, sindacati e lavoratori sono riusciti ad ottenerlo. La ripartenza dell’impianto è slittata.

Contrariamente a quanto ipotizzato il P9T non parte e rimarrà fermo fino al giorno dell'incontro in Confindustria del 27 settembre prossimo. In quella sede i sindacati cercheranno ogni strumento utile, anche di ricorso ad ammortizzatori sociali possibili, per scongiurare il rischio dei 47 licenziamenti. Allo stesso tempo attendono da parte del Ministero la convocazione del tavolo nazionale sulle politiche industriali sulla Chimica di base. Filctem Cgil, Uiltec Uil e Femca Cisl chiedono una chiara posizione del Governo per gestire un tavolo dello sviluppo industriale per Brindisi. Al momento nonostante alcune interrogazioni parlamentari non c’è ancora una data certa. E solo il Governo può arginare questo «terremoto» in atto a Brindisi in grado di generare però l’effetto domino di uno «tsunami».

Quello che temono i sindacati, non solo a Brindisi, è la progressiva scomparsa della chimica di base in Italia. Alla chiusura del P9T Basell potrebbe far seguire quella del PP2. Un effetto pesante che potrebbe far saltare il polo chimico brindisino che occupa complessivamente circa 1200 dipendenti diretti. E un importante indotto. Cancellando una storia industriale iniziata attorno agli anni ‘60 del secolo scorso che ha rivoluzionato l’economia di un territorio basata fondamentalmente sull’agricoltura.

Il dramma del lavoro di Basell non è quindi solo quello di 47 dipendenti da licenziare, peraltro in piena fase di decarbonizzazione. È il paradigma di un settore strategico nazionale, quello della Chimica, su cui manca una politica industriale. La multinazionale lamenta infatti alti costi di produzione anche per via del fatto di essere un’azienda fortemente energivora. A nulla sono valsi i tentativi in Regione di mettere a disposizione i 40 milioni di euro destinati a Brindisi per l’«Accordo di programma per la Chimica». O di cercare di dare aiuti analoghi a quelli che si stanno mettendo in campo per la crisi dell’ex Ilva di Taranto. Il dado sembra ormai tratto con Basell che chiude a Brindisi, «strizzando l’occhio» alla Germania.

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