L’esame del Dna come prova regina per incastrare alle proprie responsabilità uno dei presunti autori della banda che il 20 settembre del 2020 mise a segno una rapina allo Zoosafari. Per quel fatto dall’ottobre scorso sono in carcere G. M., 41 anni, e R. R., 32 anni, entrambi fasanesi. Dallo stesso giorno una giovane fasanese è sottoposta a provvedimento cautelare di obbligo di dimora. Gli arresti sono arrivati dopo due anni di confronti giudiziari (il gip ha rigettato la richiesta del pm, che contro quel diniego ha fatto ricorso al Riesame, i giudici hanno accolto la richiesta, la Cassazione ha confermato). La decisione del pm Raffaele Casto di effettuare l’esame del Dna sui campioni biologici prelevati da un passamontagna trovato dagli investigatori lungo la via di fuga percorsa dai rapinatori dopo il colpo è arrivata all’indomani della conclusione delle indagini preliminari. Nel frattempo è stata fissata per il 25 maggio prossimo l’udienza preliminare dinanzi al gup del Tribunale di Brindisi Vilma Gilli.
Il compito di effettuare la comparazione tra il Dna estratto dai campioni biologici presenti nel passamontagna e il codice genetico dei due presunti autori materiali della rapina allo Zoo era stato inizialmente delegato dal pm a carabinieri del Ris.
In seguito l’incarico è stato conferito dal magistrato ad una biologa forense. Non è assolutamente scontato che i risultati dell’esame arrivino prima dell’udienza preliminare, ma questo poco importa ai fini dell’economia processuale. Infatti, ove dalla comparazione dovesse emergere, dal punto di vista genetico, la corrispondenza del profilo del Dna, la piattaforma indiziaria si arricchirebbe di dati idonei a conferirle il crisma della certezza ed univocità. Questo significa che inquirenti e investigatori ritengono di avere già acquisito una serie di elementi che incastrano alle loro responsabilità i presunti autori della rapina allo Zoo, ma si aspettano che dall’esame del Dna possa arrivare la prova regina.
Il colpo fruttò ai banditi circa 12800 euro, denaro che un addetto della struttura stava portando nella direzione del parco dopo averlo prelevato dalle casse del parco faunistico. Ad agire, quella domenica di settembre di tre anni fa, furono due rapinatori con il volto coperto e armati di pistole semiautomatiche. Fu una rapina studiata a tavolino. I rapinatori conoscevano gli spostamenti dell’addetto a ritirare gli incassi dalle casse e sapevano come dileguarsi dopo il colpo senza dare nell’occhio.
A fare da “palo” ai due autori della rapina, sorvegliando le strade di accesso allo Zoo, fu una coppia di Locorotondo. Ci fu un imprevisto – l’arrivo in zona delle pattuglie dei carabinieri – e fu necessario l’intervento di una donna, quella che è poi stata raggiunta da provvedimento cautelare di obbligo di dimora, per recuperare i due autori del colpo dal bosco che circonda il parco faunistico. In tutto, dunque, gli indagati sono cinque. A loro viene contestata, a vario titolo, la detenzione illegale di armi da sparo e il concorso in rapina pluriaggravata.