BRINDISI - Due autopsie da cui inquirenti e investigatori si attendono una serie di (importanti) risposte. Sono stati completati ieri gli esami autoptici sui corpi di Antonio Calò (70 anni) e Caterina Martucci (63), i due coniugi uccisi il 28 febbraio scorso nella loro abitazione di contrada Canali, a Serranova, agro di Carovigno. Di quel duplice omicidio si è assunto ogni responsabilità Cosimo Calò (84 anni), fratello di Antonio – Tonino per tutti – e cognato di Caterina. Dopo la confessione il pensionato sanvitese è stato condotto dai carabinieri in carcere, a Brindisi, dove si trova tuttora.
Ma nonostante l’assassino sia reo confesso ci sono ancora una serie di aspetti della vicenda che non sono del tutto chiari: tra gli altri, il calibro e il tipo di arma utilizzata, il numero di colpi esplosi, la data e gli orari dei decessi. Quesiti che dovrebbero trovare una risposta dall’esame autoptico. L’altro ieri il pm titolare del fascicolo di indagine, il sostituto procuratore della Repubblica di Brindisi Francesco Carluccio, ha conferito l’incarico per accertamenti tecnici non ripetibili a tre consulenti tecnici: il medico legale Domenico Urso, l’ing. Riccardo Ramirez, esperto in balistica, e la biologa Giacoma Mongelli, esperta in analisi su Dna e liquidi biologici. L’esame autoptico si è svolto nell’obitorio del cimitero di Ostuni, dove le salme di Antonio Calò e di Caterina Marucci erano state portate la notte tra il 1° e il 2 marzo scorso, dopo la scoperta del duplice omicidio. I tre periti avranno 90 giorni di tempo per depositare le conclusioni dei loro accertamenti.
Cosimo Calò, l’84enne sanvitese reo confesso del duplice omicidio del fratello Antonio e della cognata Caterina Martucci aveva in progetto di uccidere anche l’altro fratello, Carmelo, che riteneva «la causa di tutti guai». Anche per questo il gip Vilma Gilli ha disposto a suo carico la custodia cautelare in carcere con le accuse di omicidio aggravato dal rapporto di parentela con una delle vittime e dalla premeditazione e di porto in luogo pubblico di arma comune da sparo. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip ha rimarcato come «i familiari, ma anche coloro che potrebbero avere in qualche misura contatto con lui, sono ad elevatissimo rischio anche di vita proprio perché l’indagato ha dimostrato di voler perseguire un disegno criminoso in seno a cui si è rivelato privo di freni inibitori e, perciò, altamente pericoloso per il mondo esterno».
Nella confessione, resa davanti al pm e ai carabinieri della Compagnia di San Vito dei Normanni alla presenza del suo difensore di fiducia, l’avvocato Carmela Roma, Cosimo Calò ha ricostruito ogni sequenza dell’efferato duplice omicidio.
«Il 28 febbraio – è riportato nel decreto con cui il pm lo ha sottoposto a fermo di indiziato di delitto – uscì di casa nel pomeriggio e con il fucile fece una piccola esercitazione di tiro in un terreno di proprietà del figlio sparando dei colpi contro un muro. Subito dopo si recò presso i terreni dove si trova l’abitazione di Antonio e, poco più in là, a circa 50 metri, la casa che viene utilizzata come residenza estiva dalla figlia di Carmelo. Si è recato lì – prosegue il decreto di fermo del pm – con l’intenzione di ammazzare Carmelo e non avendolo trovato ha bussato alla porta della casa di Antonio, sempre portando con sè il fucile carico. Una volta aperta la porta Antonio si sarebbe avventato contro di lui facendolo indietreggiare e nel frattempo sarebbe partito accidentalmente un colpo (circostanza – annota il pm – che appare poco plausibile sulla base delle prime osservazioni sulla direzione di tiro del colpo). Avendo ferito mortalmente Antonio, ricaricava l’arma e si spostava per affrontare la cognata Caterina esplodendo verso di lei due colpi nel mentre era nel corridoio e cercava di fuggire in camera da letto».
A trovare, nel pomeriggio del giorno successivo, i corpi senza vita dei due coniugi all’interno della loro abitazione fu Carmelo Calò, uno dei fratelli di Antonio e cognato di Caterina.