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Carovigno, Vincenzo vuole lavorare «intanto corro e non mi arrendo»

 
Flavio Cellie

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Flavio Cellie

Vincenzo Donadeo

Non vedente a causa di malattia degenerativa chiede ad Emiliano il suo posto di centralinista

Domenica 13 Novembre 2022, 13:09

CAROVIGNO - Si esce di casa per non morire dentro, perché si ha una dignità da difendere e da riconquistare e si fa sport per sentirsi vivi e per dire a tutti: io sono qua.

«La mia lotta è nell’acquisire nuova la dignità, perché quando torni a casa, quando ti chiedono: cosa fai devi poter rispondere: io lavoro perché la mia Regione è stata sensibile e si è interessata della mia situazione famigliare e lavorativa». Così il giovane non vedente Vincenzo Donadeo, rivolge il suo appello al presidente della Regione Puglia Michele Emiliano.

Da più di cinque anni il giovane carovignese, marito e padre, a causa di una malattia degenerativa, ha perso la vista ed è in attesa di una collocazione nel mondo lavorativo. Benchè vanti un diritto acquisito grazie all’iscrizione nella categoria protetta dal febbraio scorso, per avere un posto da centralinista in qualunque ufficio pubblico o privato, Vincenzo quella chiamata non l’ha ancora ricevuta. Ed è per questo che ha deciso di rivolgersi direttamente al presidente Michele Emiliano, affinché si possa realizzare presto il suo desiderio: l’inserimento nel mondo del lavoro per riacquistare la dignità di uomo, marito e padre.

Ha deciso di rivolgerti direttamente al presidente della Regione dopo aver perseguito tutte le strade

«Il lavoro da centralinista è quello che si riserva da sempre ai non vedenti, proprio come impone la legge. Non capisco come mai gli enti pubblici non assumono vista la presenza e la richiesta di centralinisti dalla nostra graduatoria. Io sono iscritto dal febbraio scorso e non sono ancora stato chiamato, il mio obiettivo primario oggi è quello di garantire alla mia famiglia la serenità e stabilità economica, oltre che la dignità. È nata da qui la mia richiesta di aiuto indirizzata direttamente al presidente Michele Emiliano e voglio ringraziare l’azienda privata che mi ha dato la possibilità di entrare nella graduatoria della legge 113, perché in quel periodo mentre lavoravo, mi sono sentito davvero il padre attivo della mia piccola. Oggi però non è così: continuo a studiare ed a formarmi e a credere nel mondo dello sport che mi ha dato sicuramente una carica in più, ma adesso per me è giunto il momento di lavorare per sostenere la mia famiglia. Nella mia vita, prima che arrivasse la malattia ho sempre lavorato notte e giorno nel mondo della ristorazione. Oggi, però, mi sento davvero in seria difficoltà.

Lo sport le ha dato una marcia in più e tutti i tuoi amici ti hanno aiutato e continuano a farlo. Adesso però tutti insieme aspettate la chiamata lavorativa per festeggiare

«Festeggeremo tutti insieme con l’intera città di Carovigno ed in particolar modo con gli amici dell’atletica che hanno sempre creduto e credono in me. Mi accompagnano quotidianamente anche nei momenti di maggiore emotività. Hanno creduto in me le mie guide che mi accompagnano durante la corsa e mi fanno sfogare nei momenti di bisogno. Quando ritornerò nel mondo del lavoro proprio come sto facendo adesso, voglio continuare a correre e a studiare perché la formazione per me è fondamentale».

Quanto crede ancora oggi nelle istituzioni?

«Ci credo ancora nelle istituzioni, sono stato un militare volontario e mi è stato donato un diploma per il comportamento che ho avuto durante quell’esperienza. Io e la mia famiglia crediamo nelle istituzioni, ma dopo tutto questo tempo vorrei che le fossero le istituzioni a ricordarsi di me. Non è bello stare a casa per tutto questo tempo, ma sono sicuro che una soluzione ci sarà».

Che appello fa al presidente Emiliano?

«È persona sensibile e vicina alle esigenze dei cittadini pugliesi e sa cosa sia “inclusione”. Nella mia attività sportiva ho fatto con lui un’immersione ad Otranto e immagino che si prodigherà perché si risolva questa situazione. Mi aspetto la sua telefonata. La mia non so se definirla una “lotta” ma sicuramente è la richiesta di riacquisire la mia dignità, perché quando torno a casa o incontro un amico e ti chiede “cosa fai nella vita?”, io devo essere in grado di rispondere: lavoro, perché la mia Regione si è interessata di me».

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